A Reggio Emilia senza fissa dimora

Nel dossier povertà dell’Emilia Romagna si legge un dato allarmante:  l’aumento esponenziale di persone su cui pende una intimazione di sfratto. Un evidente  paradosso è il livello del costo degli affitti che, nonostante la crisi, si sta mantenendo su valori troppo elevati.

Leggete l’articolo della Gazzetta di Reggio: A Reggio Emilia senza fissa dimora

Emergenza abitativa: blocco dello sgombero per gli abitanti di S.Alberto

Questa mattina un gruppo di una ventina di attivisti del collettivo Sottotetto ha presidiato le case parrocchiali di S.Alberto a Reggio Emilia.

Qui vivono infatti 13 persone, in prevalenza immigrati nordafricani, che rischiano di essere lasciati senza una soluzione abitativa a causa dei lavori di ristrutturazione necessari all’adeguamento delle strutture alle normative vigenti.

Il collettivo Sottotetto, contattato dagli abitanti stessi, è stato presente dalle ore 9.00 per impedire che l’ennesimo sgombero di
persone in difficoltà abbia luogo; le persone che vivono nel dormitorio parrocchiale, pur essendo grate alla Chiesa per l’ospitalità, non vogliono rinunciare ad un diritto basilare come quello di avere un tetto sulla testa e hanno richiesto un tavolo di trattativa alla presenza del Vescovo, dell’assessore alle politiche sociali Matteo Sassi e dei responsabili del dormitorio.

La giornata si è conclusa con un incontro con il parroco che ha dato la disponibilità ad ospitare ancora gli abitanti, in attesa di trovare una soluzione dignitosa.

La lettera degli abitanti:

Come abitanti delle case parrocchiali di S Alberto ringraziamo Don Eluterio  Agostini del suo buon cuore per averci ospitato per tutti questi anni, consapevoli che con l’ingresso nella comunità del nuovo parroco Don Pietro Adani la casa da noi abitata deve essere lasciata libera.

Ringraziando Don Pietro che concedeva a ottobre una proroga per l’emergenza freddo e incaricando il Sig. Daniele Marchi per trovare una soluzione, ma l’operato di questo volontario professionista si è delineato in false promesse, in forme di razzismo e minacce per sgomberare i locali.

Pur essendoci impegnati singolarmente a trovare soluzioni alternative dignitose per la persona umana, dopo aver chiesto aiuto agli enti preposti, ci troviamo solo ed esclusivamente promesse e parole non veritiere.

Oggi abitiamo ancora nei locali parrocchiali, non avendo  trovato una sistemazione degna di persone umane che lottano per
difendere la propria dignità e senza andare ad infoltire la folta popolazione dei senza tetto.

Oggi 19 giugno ci è stato intimato di lasciare le abitazioni, sé questo non  avverrà volontariamente  interverranno le forze dell’ordine.

Sarà nostro dovere lasciare libere le abitazioni non appena troviamo una locazione dignitosa, per questo chiediamo l’apertura di un tavolo di discussione tra l’amministrazione Comunale, Don  Pietro ed il Vescovo Adriano Caprioli per non ridurre un problema sociale che coinvolge buona parte della città in un problema di ordine pubblico.

Certi del vostro buon cuore cristiano e umanitario

Porgiamo distinti saluti

Gli abitanti delle case
parrocchiali di S.Alberto

Comunicato del collettivo Sottotetto:

La storia che ci raccontano “le 13 persone in cerca di casa” della residenza parrocchiale S. Alberto è, purtroppo, storia di molte e molti. Il tempo che stiamo vivendo produce giornalmente schiere di espulsi dai diritti di cittadinanza , in cima alla lista, per gravità, il diritto ad una casa.

Le istituzioni che governano il territorio ed i suoi abitanti preferiscono investire il loro impegno ed il nostro denaro in grandi
opere inutili od in altrettanto inutili eventi culturali di facciata , delegando nel frattempo la pratica dell’accoglienza e della soluzione ai problemi sociali contingenti al volontariato , fra cui quello cattolico legato alla chiesa.

Basti pensare che nella nostra città la quasi totalità dei servizi dormitorio è affidata alla Caritas.

Non è nostra intenzione entrare nel merito delle ragioni che spingono un parroco, la sua parrocchia o le realtà legate alla chiesa, a dover allontanare persone che finora nei loro spazi hanno trovato appoggio e riparo. Non è nostra intenzione perchè pensiamo che in ogni caso, in un paese “civile”,  non debba spettare a loro occuparsi delle situazioni di emergenza ma alle istituzioni di un Comune che invece è sempre meno comune e sempre più privato, specialmente quando si tratta di scegliere quali interessi difendere.

Il punto è che noi non vogliamo trovarci, in caso di bisogno,  in balìa della inevitabile discrezione che caratterizza il lavoro volontario:  sia esso pericolosamente legato ad un’istituzione religiosa o ad un’associazione laica. Un diritto fondamentale come quello alla casa non può e non deve dipendere dalla disponibilità o dall’arbitrio di chi si dedica all’accoglienza per tappare i buchi lasciati da chi dovrebbe avere la responsabilità di occuparsi della sistemazione di chi non può trovare altre soluzioni.

A maggior ragione in periodo di crisi economica non possiamo accettare che chi ha elemosinato voti utili a garantir loro privilegi
di ogni sorta non si spenda per garantire ad ognuno i presupposti necessari ad una vita degna, primo fra tutti un’abitazione dignitosa.

Progetto di autorecupero in Via Compagnoni

Oggi denunciamo l’ennesima devastazione da parte di ACER con mandato del Comune di Reggio Emilia di un appartamento di via Compagnoni, vuoto solo da qualche mese. Chiediamo se questo rientra nel piano di “riqualificazione” del quartiere, piano approvato nel lontano 1998, che consiste nell’ abbattere oltre 200 alloggi pubblici per ricostruirne appena 80 pubblici ed 88 privati. Già allora questo progetto ha creato malcontento all’interno del quartiere per la distruzione di un tessuto sociale ed una solidarietà costruita in piu’ di 40 anni di convivenza tra gli abitanti di Conmpagnoni, delocalizzandoli in altre zone della città.

Dal 1998 a oggi piu’ di un centinaio di questi appartamenti sono rimasti abbandonati e mai piu’ assegnati a chi era in graduatoria, ed inoltre, nonostante la precedente Giunta Comunale tramite l’ex Assessore alla casa Carla Colzi avesse dichiarato che questi appartamenti servivano per far fronte ad eventuali emergenze , oggi possiamo notare che oltre a non assegnarli si spendono soldi pubblici per renderli inabitabili devastandoli.

In questi anni è cambiato radicalmente il contesto economico e sociale della città: la crisi economica e la cementificazione
selvaggia impongono scelte diverse da parte della Amministrazione; è urgente dare risposte abitative che diano autonomia alle famiglie senza reddito o con un reddito intermittente, perchè chi perde il lavoro viene espulso in silenzio dallo status di cittadino.

Il Collettivo Sottotetto oggi, con la preziosa partecipazione dell’architetto Chiara Valli, presenta un progetto pilota di autorecupero che ci vedrà impegnati proprio nella riqualificazione di quest ultimo ed ennesimo appartamento devastato e la sua restituzione alla comunità sottoforma di abitazione popolare.

La restaurazione di un appartamento ha un prezzo di mercato che varia dai 1000 ai 1200 euro al metro quadro, il nostro progetto prevede una spesa massima di 300 euro al metro quadro.

L’autorecupero è una pratica edilizia sostenibile sia dal punto di vista sociale che economico: permette di recuperare il
patrimonio edilizio pubblico attraverso progetti che coinvolgono direttamente le famiglie in emergenza abitativa che prestano la loro manodopera, abbattendo in questo modo i costi generali dell’intervento.

La crisi economica che ha colpito soprattutto il mondo dell’edilizia, ha lasciato senza casa e lavoro molte persone impiegate
nei cantieri: queste persone e le loro famiglie sono i soggetti ideali per partecipare a un progetto di autorecupero che permetterebbe di risolvere il loro problema abitativo e offrirebbe un’opportunità di formazione di competenze specifiche in questo campo e la costituzione di una struttura che potrebbe affiancare altri interventi di questo tipo, creando anche la possibilità di un reddito. Attraverso la pratica dell’autorecupero è possibile riqualificare un quartiere degradato, mantenendo il tessuto sociale esistente e dando valore all’edilizia pubblica.

Le misure contro la crisi adottate dalla Provincia e da S.U.N.I.A., attraverso un finanziamento della Fondazione Manodori hanno messo a disposizione dei proprietari di case che si impegnavano a non sfrattare i loro inquilini 300.000 euro: questo fondo non è stato utilizzato e la misura adottata si è quindi dimostrata inefficace, anche perchè costituisce solo un rinvio del problema. La proposta di realizzare un progetto di autorecupero può essere invece una risposta concreta all’emergenza abitativa che sta colpendo una fascia sempre più estesa di abitanti: il finanziamento stanziato potrebbe essere investito per un progetto pilota nel quartiere Compagnoni che potrebbe essere esteso ad altri edifici e quartieri della città.

Scarica il progetto di autorecupero: Appartamento_48mq.pdf

Scarica esempi di costi di autorecupero e autocostruzione: Esempi di costi.pdf

Terzo incontro sul diritto all’abitare – Autorecupero e Autocostruzione

L’autorecupero e l’autocostruzione – pratiche edilizie sociali e sostenibili
Un confronto aperto tra le modalità organizzative, tecniche ed economiche messe in atto nelle esperienze di autorecupero ed autocostruzione avviate in alcuni comuni italiani con l’obiettivo di recuperare e integrare il patrimonio edilizio pubblico con interventi di partecipazione diretta da parte dei futuri abitanti. L’incontro approfondirà i temi della collaborazione tra l’amministrazione e le associazioni temporanee di scopo finalizzate alla realizzazione degli interventi, della formulazione dei bandi di partecipazione ai progetti e delle risorse necessarie per offrire una soluzione abitativa a una fascia di cittadini esclusa dai prezzi del mercato immobiliare, delle competenze e delle tecniche messe al servizio di questi interventi.

Programma dell’incontro:

h 17:00 “Mente locale – gli obiettivi sociali ed economici di un progetto di autorecupero a Reggio Emilia” Introduzione dell’arch. Chiara Valli e del Collettivo Sottotetto

h17:20 “Presentazione del progetto di autorecupero promosso dal comune di Bologna”Marzia Casolari, presidente dell’assoziazione di promozione sociale Xenia, Bologna, Marco Gargiulo, Consorzio abn – a&b network sociale di Perugina, Gabriella Monti, Asia Rdb, Bologna

h18:00 “Tecniche e modalità operative in progetti di autocostruzione realizzati” Marco Gargiulo, Consorzio abn – a&b network sociale di Perugina

h18:30Interventi dei partecipanti

1 maggio 2010: contro sfratti, licenziamenti e precarietà – per reddito e diritti!

Gli 80 sfratti a settimana in rapporto alle 80 assegnazioni all’anno di case popolari, dimostrano come le politiche abitative in questa città siano inadeguate all’emergenza esistente.

I 23.000 disoccupati in città, senza un contratto di lavoro, non si possono iscrivere alle graduatorie per le case popolari e le misure anticrisi pubblicizzate dal Comune di Reggio Emilia ,come gli affitti calmierati o l’agenzia per l’affitto, sono accessibili solo per chi ha un contratto di lavoro.

Chi subisce l’esecuzione del pignoramento o dello sfratto, dopo 6 mesi perde anche la residenza, perdendo così i diritti di cittadinanza, primo fra tutti la possibilità di rivolgersi al servizio sociale.

Di fatto migliaia di persone stanno subendo un’ espulsione coatta, dopo decine di anni di lavoro sul territorio e nonostante abbiano costruito qui la propria vita e i propri affetti, dopo aver contribuito alla crescita della città , sono obbligati a tornare nei luoghi di origine, siano essi in altre parti d’Italia o in altri paesi.

Scendiamo in piazza per dire che la crisi la devono pagare i palazzinari e le agenzie immobiliari, che grazie alla liberalizzazione del mercato dell’affitto hanno rubato milioni di euro, con affitti che superano il 50% di un salario medio.

La crisi la devono pagare le banche che grazie l’aumento degli affitti, hanno offerto mutui a tasso variabile con rate mensili più basse degli affitti a libero mercato, vendendo l’illusione ai malcapitati di possedere una casa. Nel corso degli anni le rate sono aumentate e chi ha fatto il mutuo si è trovato improvvisamente non più proprietario di una casa ma di un debito a causa del quale perderà l’abitazione.

Scendiamo in piazza perché siamo contro la logica del governo di questa città che, per “risolvere” la crisi, continua a regalare soldi pubblici o appalti per riqualificazioni squallide ad aziende amiche o a palazzinari.

Scendiamo in piazza perché siamo contro la logica di chi per uscire dalla crisi vuole espellere dalla città chi oggi ha perso il lavoro, perché considerato un peso per le casse del comune.

Scendiamo in strada perché vogliamo:

– IL BLOCCO GENERALIZZATO DEGLI SFRATTI

– L’ISTITUZIONE DI “UNA VIA DEL COMUNE” DOVE CHI HA PERSO L’ALLOGGIO POSSA MANTENERE LA RESIDENZA

– L’ATTUAZIONE DI POLITICHE ABITATIVE A BASSA SOGLIA DI ACCESSO RIVOLTE A CHI NON HA REDDITO O HA UN REDDITO MOLTO BASSO

– LA REQUISIZIONE DEGLI ALLOGGI PRIVATI SFITTI APPARTENENTI AI GROSSI PROPRIETARI IMMOBILIARI

– LO STOP DEFINITIVO ALLA VENDITA DEL PATRIMONIO ABITATIVO PUBBLICO PERCHE’ ALMENO QUEL POCO CHE E’ RIMASTO VENGA MANTENUTO

Vedi l’articolo su global project: per un primo maggio 2.0

Bloccato il quinto sfratto esecutivo a Cadè

Sfratto rinviato ancora un mese

Dalle prime ore di questa mattina i componenti del Collettivo Sottotetto – Sportello per il Diritto alla Casa hanno presidiato la casa di via Giordano Bruno a Cadè insieme alle famiglie sotto sfratto. Era previsto per oggi, infatti, il quinto accesso per l’esecuzione effettiva dello sfratto per una delle famiglie abitanti nella palazzina, famiglia con tre bambini molto piccoli per la quale nessuna soluzione abitativa è stata proposta dagli organi competenti.La palazzina è di proprietà di un unico privato che possiede almeno altri 30 appartamenti.

Di fronte alle venti persone che presidiavano la casa l’ufficiale giudiziario e l’avocato del proprietario della casa hanno deciso di rinviare lo sfratto un mese, al lunedì 26 aprile. Data in cui saremo di nuovo presenti per impedire lo sfratto.

Lo sfratto che abbiamo bloccato oggi è uno dei tanti (80 a settimana a Reggio Emilia) a dimostrazione che le varie uscite fatte dai rappresentanti delle amministrazioni comunale e provinciale sui media negli ultimi tempi, a proposito dei raggiunti accordi sul blocco degli sfratti a fronte della crisi, erano solo operazioni pubblicitarie o campagna elettorale.

Per quanto riguarda la locazione privata nessun accordo è stato raggiunto fino ad ora e di fatto gli unici a bloccare realmente le esecuzioni di sfratto per ora siamo noi, con i nostri corpi e la nostra determinazione.

Continueremo a contrastare la politica che privilegia la rendita a scapito dei diritti dei cittadini e non smetteremo di costruire azioni di blocco fino a quando le amministrazioni non useranno realmente i poteri loro conferiti per far fronte, anche con la requisizione degli innumerevoli alloggi sfitti che abbiamo in città, all’emergenza abitativa che
sta colpendo centinaia di persone senza prospettiva di miglioramento.

Presidio per il blocco degli sfratti sotto l’assesorato all’urbanistica di Reggio Emilia

REGGIO EMILIA 2010: 80 SFRATTI A SETTIMANA!

Nella nostra città, Reggio Emilia, gli sfratti per morosità hanno raggiunto un numero impressionante: dai 50 agli 80 ogni settimana.

La crisi si fa sentire, tante persone non lavorano più o lavorano troppo poco e a condizioni contrattuali assurde che non permettono di sostenere le spese necessarie a mantenere un tetto sulla testa, spese che, lo ricordiamo, arrivano anche a superare la metà dello stipendio mensile percepito e non sono mai inferiori al 30% di questo.

Quando lo stipendio c’è, quindi, tocca spenderne buona parte solo per garantirsi una casa… ma quando, come in questo momento, per molti non c’è?

In questi momenti succede che gli sfratti toccano le cifre sopraccitate e che centinaia di persone si trovano senza casa, con in più il paradosso di trovarsi in una città dove l’investimento sul mattone ha superato ogni limite di decenza, dove ci sono più case che abitanti, dove il territorio comune ha pagato un prezzo esorbitante alla speculazione e alla rendita.

Il collettivo sottotetto denuncia da quattro anni l’emergenza abitativa in città ma solo da un anno a questa parte
l’amministrazione comunale comincia ad ammettere che un’emergenza c’è trattandola però come una calamità naturale, come fosse qualcosa di incontrastabile. Per grazia ricevuta, facendocelo vivere come un favore che ci fanno, ogni tanto
escono sui giornali pubblicizzando qualche tampone inutile o qualche soluzione improbabile.

Di pura pubblicità, appunto, si tratta, come gli articoli entusiasti usciti qualche mese fa in merito ad un fantomatico blocco degli
sfratti. La verità è che nessuno sfratto fino ad oggi è stato bloccato tramite il tanto decantato accordo raggiunto con le associazioni dei proprietari di casa. L’iter per ottenere la sospensione della procedura di sfratto prevede che il
proprietario di casa faccia la richiesta al tribunale, per ottenere in cambio un risarcimento minimo che non conviene a nessuno. Risultato: gli sfratti continuano ad essere eseguiti e soluzioni alternative non ne esistono. I servizi sociali non sono attrezzati per questo e tutte le altre strutture pubbliche nemmeno.

Gli unici che potrebbero agire, investiti dalla legge, sono gli amministratori ed il sindaco in primis, sindaco che preferisce usare i suoi poteri per sfornare ordinanze inutili e dannose come il divieto di manifestare nei fine settimana mentre continua ad ignorare la sua possibilità di requisire le case sfitte o di bloccare seriamente, con ORDINANZA, l’esecuzione degli sfratti.

Venerdì 26 marzo, a Cadè, una famiglia con tre bambini piccoli sarà buttata fuori di casa, da una casa di un multiproprietario, senza nessuna soluzione proposta. Nella stessa palazzina, dello stesso proprietario, altre due famiglie hanno ricevuto la notifica di sfratto. Questo è quello che succede quando la pubblicità non corrisponde alla realtà.

Oggi siamo qui proprio per questo: per chiedere conto all’assessore Ugo Ferrari, che ha la delega alla casa, e, tramite lui, a tutti gli amministratori partendo dall’assessore Matteo Sassi e dal sindaco Graziano Del Rio, della pubblicità che si sono fatti tramite l’annuncio del blocco degli sftatti e che nella realtà non esiste. Siamo qui per dirgli che non siamo tutti stupidi, non tutti ci facciamo fregare e che abbiamo capito come lavora questa gente che si ricorda di noi sfrattati e senza casa solo quando deve rifarsi la faccia con parole vuote.

Venerdì 26 marzo noi saremo a Cadè per impedire l’esecuzione dello sfratto perché non abbiamo intenzione di uscire dalle nostre case come non abbiamo intenzione di farci espellere dalla città che ci ha usato per produrre ricchezza e che ora cerca di disfarsi di noi perché non le serviamo più.

Noi gli sfratti li blocchiamo. L’amministrazione e gli assessori Ferrari e Sassi non possono dire lo stesso.

BLOCCO DEGLI
SFRATTI PER TUTTI!

BASTA SPECULARE
SULLE NOSTRE VITE E SUL TERRITORIO COMUNE!

Progetto Casa Bettola

Resoconto del progetto Casa Bettola

Il 2 giugno del 2009 il collettivo Sottotetto ha dato vita tramite l’occupazione della casa cantoniera in via Martiri della Bettola al progetto ‘Casa Bettola’, che consiste in uno sportello per il diritto alla casa, un appartamento di emergenza, uno spazio di incontro ed attività culturali a disposizione di associazioni ed un orto collettivo.

Questo progetto è stato presentato alla Provincia di Reggio Emilia con l’intenzione di auto recuperare un edificio pubblico destinato alla svendita mediante asta, per garantire un servizio utile alla collettività a costo zero, vista la mancanza di risorse a disposizione delle amministrazioni per affrontare l’emergenza abitativa in atto. A fine settembre abbiamo avuto un incontro con l’assessore provinciale alla sicurezza sociale Marco Fantini per convenzionare il progetto, con la volontà di uscire dallo stato di occupazione. Nonostante il progetto sia stato valutato utile e positivo per la collettività, l’assessore da allora non si è piu’ interessato ad esso.

Il collettivo ha proseguito a realizzare praticamente quello che si era prefisso nel progetto e a distanza di nemmeno un anno oggi presentiamo i frutti di questo faticoso e gratuito lavoro. L’appartamento di emergenza ha ospitato in 10 mesi 2 donne sole con bambini e 2 famiglie. Una donna con bambino e una famiglia rispettivamente dopo 3 e 5 mesi hanno trovato una soluzione alternativa, lasciando il posto ad altre persone in emergenza.

Lo sportello per il diritto alla casa è stato attraversato da un centinaio di persone e nuclei famigliari. Il primo aspetto che ci ha colpito è stata soprattutto la varietà delle persone e delle storie che si sono avvicinate al collettivo: da persone senza permesso di soggiorno a reggianissimi ex benestanti, da singoli a famiglie numerose, da coppie solide a donne separate con figli al seguito, da studenti precari a nonne combattive che vogliono occupare una casa con figlia e nipote, una varietà che ha sfatato miti e stereotipi prima di tutto nostri, e che ci ha dato una mano ad affinare – e riaffermare – il nostro discorso sul problema casa in città. Questa varietà di persone che hanno attraversato lo sportello dimostra come la questione abitativa sia una problematica estremamente trasversale e diffusasi a macchia d’olio con l’avvento della crisi economica.


CON QUALI PROBLEMATICHE ABBIAMO AVUTO A CHE FARE

Ci sembra importante porre subito l’accento su una problematica collaterale con la quale ci siamo dovuti e ci dobbiamo confrontare nostro malgrado: quella della legislazione sull’immigrazione che, a causa di maglie sempre più strette e razziste, divide gli esseri umani in persone legali e non, costringendo i primi a un degradante gioco dell’oca collegato strettamente al diritto alla casa, lavoro e permesso di soggiorno. Altrettanto importante ci sembra sfatare il mito secondo cui un collettivo come il nostro ha a che fare solo con cittadini stranieri: ben il 45% delle volte infatti si è trattato di italiani, il 49% di

nuclei migranti europei ed extraeuropei e nel restante 6% di nuclei misti.

Il 51% delle persone che si sono rivolte allo sportello lo hanno fatto come portavoce di un nucleo famigliare; nuclei, che per 810 sono composti anche da bambini e per 410 da una donna sola con figli al seguito. Per l’altro 49% si tratta di singoli, spesso studenti o lavoratori precari in cerca di emancipazione dalla famiglia di origine ma frenati dai proibitivi prezzi di mercato.

Il 74% di chi si rivolge allo sportello lo fa perchè è in condizione di morosità su un affitto privato; il 9% è moroso da una casa pubblica, il 10% è vittima di un pignoramento da parte di una o piu’ banche e il 7% è senza fissa dimora. Un dato che ci sembra interessante riguarda il numero di quelli che, quando si sono rivolti a noi, contemporaneamente erano iscritti alle liste per le case popolari: appena l’ 11%. Da questo dato si nota che le persone sempre più spesso rinunciano a iscriversi alla graduatoria delle case popolari. Il 60 % di chi si rivolge allo sportello è disoccupato , un terzo di questi sono ex artigiani che lavoravano nell’edilizia, mentre il 40% ha un lavoro fisso o precario.

Notiamo da questi dati che gli affitti calmierati, l’ agenzia per l’affitto e l’ housing sociale non sono accessibili  per chi ha perso il lavoro e per chi ha un lavoro precario, dimostrandosi inadeguati per le persone che da anni hanno lavorato e  hanno costruito la loro vita nel territorio reggiano, contribuendo alla ricchezza della città.

L’ 81% di chi si rivolge allo sportello è residente a Reggio Emilia o provincia, il 19% è senza residenza e di questi i due terzi hanno perso la residenza dopo lo sfratto.

Notiamo l’aumento della tendenza all’esclusione dal territorio non solo dei migranti esterni extracomunitari, ma coinvolge anche migranti dal sud Italia e i cosiddetti reggianissimi che dopo 6 mesi dallo sfratto perdono la residenza nel territorio,perdendo di conseguenza i diritti di cittadinanza, primo tra tutti la possibilità di rivolgersi ai servizi sociali cittadini.

GLI INTERVENTI DELLO SPORTELLO


Il 23% di chi si è rivolto allo sportello ha usufruito della consulenza legale, il 25% è stato accompagnato ai servizi sociali, il 5% alla Caritas e il 2% al SERT. L’11% ha deciso di occupare una casa pubblica non piu’ assegnabile, 8% è stato ospite di case già occupate ed il 22% ha rinviato o bloccato lo sfratto tramite pressioni politiche e mediatiche, il 10% ha trovato una soluzione con le proprie risorse presso famigliari ed amici e, infine, il 15 % ha accetato le condizioni offerte dai servizi sociali, precedentemente rifiutate perchè vincolate alla divisione della famiglia, da una parte madre e bambini, dall’altra il padre.


Dagli ultimi dati si nota che l’occupazione non è la soluzione piu’ praticata dalle persone che vengono allo sportello, è una scelta obbligata, l’alternativa è la strada. Chi ha deciso di occupare lo fa temporaneamente usando questa soluzione come ammortizzatore sociale, cercando una soluzione meno precaria e lasciando la casa libera per chi ne ha bisogno non appena trova una autonomia di reddito sufficiente.

All’interno di Casa Bettola ha preso sede anche l’associazione Alternativa Libertaria che promuove iniziative di tipo politico, sociale e culturale.

L’orto collettivo è stato vangato, concimato e zappato dalle famiglie che si sono unite al progetto per dare una risposta al rincaro continuo della verdura.

Quarto sfratto bloccato fino al 26 marzo

Oggi 22 febbraio 2010 il collettivo sottotetto assieme alle tre famiglie sotto sfratto nella stessa palazzina di villa cadè, appartenente ad un unico proprietario, hanno impedito per la seconda volta la quarta esecuzione di sfratto ai danni di uno dei nuclei famigliari. La famiglia che rischia di rimanere senza casa è composta da moglie, marito e tre bambini, di cui uno con una forte disabilita’, e una persona anziana.
La contraddizione che vediamo è che i componenti di queste tre famiglie da circa 15 anni lavorano come muratori ed idraulici a Reggio Emilia costruendo case e contribuendo alle risorse di questa città. Oggi che non c’è più lavoro viene tolto loro il diritto alla casa, nessuna delle soluzioni anticrisi pubblicizzate dal comune garantisce questo diritto.
E’ passato un mese dalla prima denuncia pubblica della situazione ed in questo tempo né il comune né l’associazione dei proprietari si sono mossi per rendere reale il blocco degli sfratti pubblicizzato a fine dicembre. Lo sfratto odierno è stato rimandato al 26 marzo , data in cui sarà effettuato il quinto accesso con l’uso della forza pubblica. Se l’amministrazione non interverrà trovando una soluzione, questa volta non sarà uno degli ottanta sfratti a settimana eseguiti in silenzio. Siamo determinati a proteggere il diritto all’abitare a discapito del diritto di rendita dei palazzinari, diritto sempre ben protetto dalle istituzioni.
Chiediamo all’assessore alle politiche sociali Matteo Sassi: dove devono andare le famiglie che da decenni lavorano in questa città e che hanno costruito la loro vita qui, oggi, che con la crisi si trovano con un reddito insufficiente a pagare un affitto?
Gli appartamenti vuoti di via Compagnoni, che la “precedente” amministrazione aveva dichiarato servissero per le emergenze salvo poi mandare i dipendenti di ACER a devastarli , non potrebbero essere autorecuperate da quegli artigiani muratori, idraulici, elettricisti che si trovano senza casa e senza lavoro risolvendo due problemi in una sola volta?
Mentre ci pensi noi continueremo a bloccare gli sfratti ed a autorecuperare le case sfitte.

80 sfratti in una settimana a Reggio Emilia

Tratto da TeleReggio 28 gennaio 2010:

Lo scorso 14 gennaio, in tribunale a Reggio, si è tenuta la prima udienza del 2010 per l’esame delle richieste di sfratto. Un
appuntamento a cadenza settimanale in cui i proprietari di un’abitazione chiedono al giudice di intimare all’inquilino che non paga l’affitto di lasciare libero l’alloggio fissando un termine ultimativo. Quel giorno le richieste di sfratto per morosità sul tavolo del giudice erano ottanta. Un numero mai registrato in precedenza, praticamente raddoppiato rispetto alla media settimanale di tre-quattro anni fa. L’impennata è iniziata a fine 2009. È uno degli effetti della crisi economica e occupazionale. Il più devastante.

Sono sempre di più le famiglie reggiane che, a causa della perdita del lavoro o della cassa integrazione di uno dei componenti, non ce la fanno a pagare l’affitto mensile dell’abitazione. Quante? Solo in città si stima che nel 2010 i nuclei su cui incomberà lo sfratto esecutivo saranno tra 400 e 500. Basta un dato per avere un’idea della situazione attuale: nel 2008, erano stati 539 i provvedimenti di sfratto per morosità emessi nell’intera provincia di Reggio Emilia.

Un altro segnale di allarme arriva dal Comune capoluogo. Per fare fronte all’emergenza di famiglie che si ritrovano senza un tetto, l’amministrazione dispone dei cosiddetti alloggi ponte’: una cinquantina di appartamenti di proprietà pubblica in cui, su richiesta dei servizi sociali, vengono sistemati i nuclei in difficoltà per un periodo massimo di 18 mesi. Non solo risultano tutti occupati, ma tra dicembre e oggi è stato necessario mettere in lista d’attesa 30 famiglie. Non era mai accaduto prima. Per tentare di far fronte nell’immediato al problema, il Comune ha deciso di realizzare 15 nuovi ‘alloggi ponte’. Saranno disponibili entro un paio di mesi.