Bloccato sfratto a Cadè

Questa mattina l’ufficiale giudiziario, dopo aver constatato oltre una ventina di attivisti e le famiglie decisi ad impedire lo sfratto, ha deciso di prorogarlo al 22 febbraio 2010. Le famiglie e gli attivisti dello sportello per il diritto alla casa hanno annunciato un nuovo appuntamento per impedire lo sfratto quando questo diventerà esecutivo.

Oggi, 26 gennaio, il Collettivo Sottotetto si ritrova a mobilitarsi per impedire l’ennesimo sfratto: si tratta di una famiglia composta da una coppia con tre figli piccolissimi, di cui uno disabile, e la nonna. La palazzina da cui oggi questa famiglia dovrebbe essere buttata fuori è di proprietà di un’unica persona che, oltre a questi, possiede decine di altri appartamenti.

Sempre in questa palazzina altre due famiglie stanno aspettando lo sfratto per morosità ed oggi hanno deciso di partecipare all’azione di blocco coscienti del fatto che ad un problema comune la risposta deve essere collettiva.

Nel mese di dicembre 2009 abbiamo letto le dichiarazioni dell’amministrazione comunale che, per bocca dell’assessore Matteo Sassi, annunciava il blocco degli sfratti per chi abita nelle case pubbliche e, in forza di un accordo con l’associazione dei piccoli proprietari, anche per chi abita in case di privati.

Allo sportello per il diritto alla casa di via Martiri della bettola nr.6 nell’ultimo mese sono passate diverse famiglie le cui procedure di sfratto non sono state bloccate, evidenziando così la grossa distanza che corre fra le operazioni pubblicitarie dell’amministrazione e la realtà di chi ogni giorno si trova a dover fare i conti con crisi e disoccupazione.

Abbiamo così scoperto che per sospendere lo sfratto da una casa privata serve l’accordo e l’iniziativa del proprietario il quale deve segnalare la situazione al giudice competente ed in seguito fare richiesta al comune per ottenere un rimborso che non supera i 1500 euro annui.

Ci chiediamo quanti proprietari di appartamenti siano disposti a spendersi per il blocco di uno sfratto barattando un canone medio di 6000 euro annui con un rimborso del comune di un massimo di 1500 euro. I dati raccolti finora dal nostro sportello ci dicono che la risposta è sconfortante.

Tra i tanti primati sbandierati da questa amministrazione ci sentiamo in dovere di riportarne qualcuno: nel primo mese del 2010 Reggio è la prima città in Italia per numero di sfratti in rapporto al numero degli abitanti (fonte :TG3 ) ed è anche la città dove negli ultimi 10 anni si è costruito il triplo rispetto a Bologna, lasciandoci in eredità 8000 case vuote e tanti metri quadrati di verde in meno.

Ora è normale che ci si senta presi in giro: in una città in cui si è investito su un’espansione edilizia inutile e selvaggia ci si ritrova con una parte ingente della popolazione che sta perdendo l’ accesso al bene casa e che si ritroverà di conseguenza a perdere, insieme all’abitazione e alla residenza , anche i diritti di cittadinanza (accesso ai servizi sociali, medico di famiglia, rinnovo del permesso di soggiorno se cittadini migranti…)

Quello che chiediamo è che prefetto e sindaco smettano di usare i poteri loro conferiti per emettere ordinanze assurde come il divieto di manifestare o di fare l’elemosina e che comincino ad usarli per le cose che veramente servono in questo momento: bloccare REALMENTE gli sfratti, requisire le migliaia di case sfitte (chiaramente solo quelle dei multiproprietari) presenti in città ed usarle per far fronte all’emergenza abitativa.

Leggi gli articoli usciti sul blocco sui girnali locali:

26 gen 2010 blocco sfratti.pdf

26 gen 2010 blocco sfratt informazionei.pdf

Bloccato sfratto alle famiglie autoassegnatari della casa cantoniera a Cadè

La casa cantoniera di villa Cadè è stata occupata nel maggio del 2005 in maniera pubblica perchè alcune famiglie senza casa potessero viverci. Prima di allora la casa era in stato di totale abbandono ormai da diversi anni ed è stata rimessa a posto proprio dai nuovi abitanti. Oggi, a distanza di più di quattro anni, vivono in quella casa due famiglie di cui una composta da una giovane madre con tre figli piccoli. Sempre oggi (ieri, ndr) sei agenti della polizia di stato si sono presentati alla casa, hanno aperto la porta di ingresso con la forza e, dopo aver intimidito gli abitanti, hanno portato in questura una persona e “sequestrato” i documenti di tutti gli abitanti.

All’arrivo degli attivisti del collettivo sottotetto gli agenti hanno più volte cambiato versione in merito alle motivazioni della loro presenza e dell’azione che stavano compiendo: prima hanno dichiarato di essere stati mandati ad eseguire lo sgombero dai nuovi proprietari della casa che hanno detto essere il corpo della polizia forestale, cosa poi rivelatasi falsa; in un secondo momento hanno dichiarato di essere intervenuti a causa di un presunto furto di corrente elettrica, altra cosa totalmente falsa. Come ultima spiegazione gli agenti hanno parlato di un semplice “controllo” su segnalazione di ignoti riguardo alla presenza di “clandestini” che non hanno comunque trovato.

Il clima di odio e di caccia alle streghe che si è creato anche nella nostra città è molto preoccupante: si chiudono locali pubblici, si blindano quartieri con operazioni militari e si sfondano porte di case per semplici segnalazioni riguardanti, ricordiamocelo, la semplice presenza di esseri umani. La sola supposizione della presenza del “clandestino” basta per provocare e giustificare operazioni di polizia e leggi d’emergenza che immediatamente, con l’aiuto di
campagne mediatiche studiate appositamente, diventano spot pubblicitari su efficenza e sicurezza ad uso dei politici di turno e scuse per il varo di leggi vergognose come il recente pacchetto sicurrezza contro il quale manifesteremo, insieme a tanti altri, il 19 dicembre a Reggio Emilia.

Da questa storia nasce un’amara considerazione: qui tutti si adoperano per farsi difensori di non si sa quale sicurezza sgomberando, arrestando e deportando esseri umani ma nessuno pare preoccuparsi di garantire la SICUREZZA di avere una casa dove abitare e la possibilità di vivere in questa città nel rispetto dei diritti fondamentali. Le persone che stanno abitando la casa cantoniera di Cadè ne sono una dimostrazione: in quattro anni nessuno si è speso per risolvere la loro situazione di emergenza abitativa così come quella di tante altre famiglie che si trovano nella stessa situazione mentre gli interventi delle forze dell’ordine non si fanno mai aspettare.

I problemi sociali, constatiamo nuovamente, continuano ad essere affrontati come questioni di ordine pubblico, l’essere poveri è una colpa grave ed un vialibera per soprusi di ogni genere. Ci chiediamo se ora che la crisi avanza e la disoccupazione inizia a dilagare queste siano le uniche “azioni concrete” che ci possiamo aspettare e ci chiediamo se il nostro futuro sarà fatto di sfratti, pignoramenti,sgomberi e migliaia di case vuote ad uso unicamente speculativo. Ci chiediamo se quello che ci aspetta sarà un futuro di baraccopoli e se poi non ci lasceranno neanche quelle perchè turbative del pubblico decoro.

Non siamo disposti ad accettare il futuro nero che altri hanno programmato per noi e crediamo che le azioni concrete che seriamente possano risolvere i problemi legati all’emergenza abitativa non prevedano l’uso delle forze di polizia ma la messa in campo di risorse sociali e, per una volta, di provvedimenti seri a scapito di rendite e speculazioni come il blocco immediato di tutti gli sfratti, la requisizione delle case sfitte dei grossi prorietari immobiliari e la garanzia di un reddito per tutti coloro che hanno perso e perderanno il lavoro.

Insieme in piazza contro un futuro di baraccopoli

OGGI LA CASA NON E’ UN DIRITTO MA UN’EMERGENZA

Sempre piu’ persone sono senza lavoro e quelli che ce l’hanno hanno spesso contratti precari e/o stipendi che non permettono di campare. I redditi e le garanzie sul lavoro diminuiscono di giorno in giorno mentre il costo di affitti e mutui e le spese per il mantenimento di un alloggio continuano ad aumentare . Per molti cittadini sta diventando impossibile mantenere una casa e saranno sempre di piu’ coloro che si ritroveranno senza un tetto sulla testa.

COME SIAMO ARRIVATI A QUESTA SITUAZIONE? DI CHI E’ LA RESPONSABILITA’?

La responsabilità è di chi ha reso, tramite le vergognose leggi sul lavoro, le nostre vite sempre piu’ precarie. La responsabilità è di chi ha totalmente liberalizzato il mercato degli affitti ottenendo un aumento spropositato dei costi per le famiglie e le ha praticamente obbligate ad accendere mutui che ora non riescono piu’ a pagare. La responsabilità è di chi ha venduto le case pubbliche per poi privatizzare le politiche abitative (housing sociale) La responsabilità è di chi ha sfruttato per anni la manodopera a basso costo di chi , in questa città, è arrivato per costruire le migliaia di case previste dai piani regolatori fatti appositamente per favorire gli speculatori , case che ora sono vuote e vuote rimarranno perché nessuno se le può permettere. La responsabilità è di chi , una volta esaurita la necessità di quella manodopera, sta facendo di tutto per disfarsi della presenza scomoda di persone che hanno costruito non solo le case ma anche la propria vita qui. La responsabilità è di chi per anni ha ignorato gli appelli e le denunce pubbliche sull’emergenza abitativa, di chi ha fatto finta di niente e ha negato l’enorme problema sociale legato alla casa mentendo consapevolmente per difendere la propria immagine e lasciando i cittadini indifesi.

A CHE PUNTO SIAMO? DOVE SI ARRIVERA’ DI QUESTO PASSO?

Oggi siamo al punto in cui è quasi impossibile avere un reddito fisso ma senza un reddito fisso è impossibile accedere ai servizi pubblici per l’alloggio: per potersi iscrivere alle graduatorie per le case ERP (edilizia residenziale pubblica) occorre un reddito dimostrabile di almeno 8000 Euro l’anno ed è la soluzione a piu’ bassa soglia di accesso . Per chi ha perso il lavoro, per chi non ha reddito o ce l’ha “a singhiozzo” , le risposte non esistono. I servizi sociali non hanno risorse e chi si viene a trovare in situazione di povertà rimane senza casa. Insieme alla casa si arriva a perdere anche la residenza e con la
residenza si perdono i diritti di cittadinanza compresa la possibilità di rivolgersi ai servizi sociali . Una volta persa la casa e la residenza si è ufficialmente “espulsi” dallo status di cittadini , si diventa fantasmi senza diritti. Per chi poi ha la vita appesa ad un permesso di soggiorno le conseguenze diventano ancora piu’ disastrose.

SE SI PROCEDE DI QUESTO PASSO SI ARRIVERA’ ALLE BARACCOPOLI ABITATE DA INVISIBILI. NOI NON CI VOGLIAMO ARRIVARE.

Le dichiarazioni uscite negli ultimi tempi sui giornali, dalla decisione sulla sospensione degli sfratti per le case pubbliche (che riguarderà una minima parte di chi si trova in emergenza abitativa) al vergognoso scaricabarile di ACER che dopo anni di alienazione del patrimonio abitativo ora riversa la responsabilità su chi ha comprato le case (se le case pubbliche sono state comprate è perché qualcuno le ha messe in vendita…), dimostrano come da un lato non ci sia piu’ la possibilità di far finta di
niente sul problema casa e dall’altro lato come le amministrazioni continuino mettere “pezze” senza affrontare la questione nella sua reale complessità. Il fatto che i nostri amministratori non siano molto lucidi lo vediamo dimostrato anche da uscite come quella del contratto a punti per le case ERP.

CHI SIAMO E COSA VOGLIAMO

Le persone che oggi sono scese in piazza fanno parte di quella fascia di popolazione che è esclusa dalle politiche abitative e che, incontratasi tramite lo sportello per il diritto alla casa del collettivo sottotetto, ha deciso di iniziare una battaglia comune.

Quello che chiediamo è:

1. IL BLOCCO GENERALIZZATO DEGLI SFRATTI

2. L’ISTITUZIONE DI UNA “VIA DEL COMUNE”
DOVE CHI HA PERSO L’ALLOGGIO POSSA MANTENERE LA   RESIDENZA

3. L’ATTUAZIONE DI POLITICHE ABITATIVE A BASSA
SOGLIA DI ACCESSO RIVOLTE A CHI NON HA REDDITO O HA UN REDDITO MOLTO
BASSO

4. LA REQUISIZIONE DEGLI ALLOGGI PRIVATI SFITTI APPARTENENTI AI GROSSI
PROPRIETARI IMMOBILIARI

5. LO STOP DEFINITIVO ALLA VENDITA DEL PATRIMONIO ABITATIVO PUBBLICO
PERCHE’ ALMENO QUEL POCO CHE E’ RIMASTO VENGA MANTENUTO


Vedi l’articolo e ascolta le interviste raccolte durante il presidio su Globalproject.

Dopo lo sfratto la famiglia di Adel e Moufida assieme al collettivo entrano nell’ufficio del sindaco

Ieri pomeriggio, 17/07/2009 alle ore 15.30, è stata sfrattata su mandato di ACER e del comune di Cadelbosco di Sopra, la famiglia residente al numero 4 di piazza Caduti per la Libertà.

Adel è un artigiano, lavora in Emilia come carpentiere dal 1989, la moglie invece è un’infermiera, ora invalida a causa di una brutta malattia che la tiene a casa.
Lui ha costruito il nostro territorio e le case dove ora possiamo vivere, lei ha per anni accudito gli anziani e gli infermi all’interno di strutture sanitarie.

Ma è pericoloso essere artigiani o malati in tempi di crisi, ad esempio può succcedere di essere considerati “non più utili” , e quando non si è più utili può succedere che diritti come l’avere un tetto sulla testa diventino secondari, addirittura scomodi, specialmente per quelli che la crisi, tanto, la fanno pagare agli altri.

Il confermato sindaco di Cadelbosco è responsabile di avere sbattuto in mezzo alla strada due cittadini tra cui una donna in gravi condizioni di salute, ma non c’è da preoccuparsi perchè tutto questo avviene nella perfetta LEGALITA’. Sì, perchè è legale togliere una casa a chi ne è bisognoso, è legale ignorare un certificato medico che raccomanda di non sottoporre un invalido al 60% porti stress, ed è perfettamente normale che le case popolari non servano a alloggiare chi è senza un tetto…oppure no?

Rivendichiamo QUI e SUBITO il diritto a una casa per Adel e Moufida

Dalla risposta del sindaco si nota che sempre piu’ i diritti fondamentali sono un prodotto di elite riservato a chi ha un reddito sufficente per poterseli permettere.

Chiediamo il blocco immediato degli sfratti in case pubbliche fino al rientro della crisi economica.

Denunciamo ACER e giunta comunale per la loro legalita’ violenta che manda una donna malata per la strada. Ed esprimiamo una preoccupazione angosciosa: essendo questo il trattamento che ci si deve aspettare dalle amministrazioni, cosa succederà quando i 16000 lavoratori cassaintegrati di Reggio e provincia si troveranno senza lavoro e senza reddito? Troveranno anche loro un ufficiale giudiziario così zelante da sbatterli per strada?

Sportello per il diritto alla casa.
18/07/2009

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Occupata la casa cantoniera in Via Martiri della Bettola

Lo scorso 1 Maggio avevamo occupato una ex casa cantoniera lungo i viali, ma ci siamo dovuti arrendere davanti all’avanzato stato di abbandono, nel quale lo stabile versa da oltre 25 anni.

Questa mattina il Collettivo Sottotetto ha occupato un’altra casa cantoniera abbandonata in via martiri della Bettola, di proprietà della provincia di Reggio Emilia.

Abbiamo deciso di occuparci di questo stabile prima che subisca la stessa sorte dell’ ex cantoniera in circonvallazione, e per richiamare la pubblica attenzione sull’ immenso patrimonio abitativo destinato alla speculazione edilizia invece che a dare risposta all’emergenza abitativa sempre più diffusa in questi tempi di crisi.

Sono mesi che, complice la campagna elettorale, i professionisti della politica si riempiono la bocca di presunte “misure anticrisi”, mentre in realtà i veri beneficiari di tali misure sono banche e grandi imprese, che per anni hanno incassato i proventi di mutui insostenibili e del lavoro precario/lavoro nero, lasciando solo poche briciole a chi la crisi la paga davvero. Mentre già si parla di nuovi finanziamenti all’edilizia speculativa, attraverso il “piano casa”, nessuno dice che ci sono già migliaia di case sfitte nella nostra città, che è stata definita dalla Direzione Investigativa Antimafia come il portafoglio dei clan delle criminalità organizzate.

Chiediamo al futuro sindaco e alla sua giunta di bloccare tutti gli sfratti dalle case pubbliche, come in suo potere, fino al retrocedere della crisi economica. Chiediamo ai futuri amministratori della provincia, seguendo l’esempio della vicina provincia di Parma, un comodato d’uso per questa casa cantoniera, con utenze a carico del Collettivo Sottotetto, che lo utilizzerà come sportello per il diritto alla casa e come risorsa abitativa per chi ne avrà bisogno, invece che svenderla all’asta come ex patrimonio pubblico.

VERSO IL 13 GENNAIO – BASTA SFRATTI

Il 13 gennaio 2009 è la data in cui è stata fissata l’esecuzione dello sfratto per la famiglia di Adriana. Dopo il blocco riuscito del 5 novembre 2008 , l’ufficiale giudiziario ha richiesto per il 13 l’intervento della forza pubblica.


Sabato 20 dicembre 2008 il collettivo sottotetto, insieme alle persone che hanno attraversato lo sportello per il diritto alla casa,ha organizzato un presidio sotto l’albero di natale di piazza Prampolini per denunciare l’aggravarsi dell’emergenza abitativa  e , contemporaneamante, il totale disinteresse da parte delle istituzioni “pubbliche” che, invece di cercare soluzioni diventano parte del problema, eseguendo sggomberi e sfratti e continuando a vendere, abbattere o lasciare abbandonate centinaia di case pubbliche.


Il 13 gennaio saremo a casa di Adriana, in via Zambonini 1,  e  da lì non usciremo perchè quella casa non è del signor Del Rio, non è dell’acer, non è dell’assessore alla casa, non è del partito democratico e non è della polizia.: quella casa è della collettività, è un bene comune e come tale deve rimanere a servizio di chi nella comunità ne ha bisogno.

Leggi il comunicato.

SU POLLICINO GNUS- GENNAIO 2008

 

SICUREZZA DEI DIRITTI E VIOLENZE
NEOLIBERISTE

L’OCCHIO
DELLA DONNA

Breve
intervista ad un’occupante di casa


 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da
quanto tempo vivi in una casa occupata?

Da quasi
due
anni

Ti
preoccupa vivere in una situazione di illegalità?

Mi
preoccupa molto pensare che sia illegale entrare in una casa
abbandonata da anni e renderla abitabile , come mi preoccupa che sia
legale, sia per l’istituzione pubblica che per i privati, lasciare
migliaia di case sfitte soprattutto con l’emergenza abitativa che
stiamo vivendo

Andiamo
al tema centrale dell’intervista: la violenza sulle donne…

Già…tema
straordinariamente attuale. Io sono rimasta piuttosto sconcertata
dall’ anomala ascesa alla ribalta mediatica di questo argomento.

Il
sentimento immediatamente seguente è stata una grande
“incazzatura” per la maniera in cui lo si sta trattando e per i
vergognosi fini di questa campagna.

Potresti
spiegarti meglio?

Sì.
Io credo che si stia pompando una campagna mediatica incentrata sulla
difesa del corpo femminile al solo scopo di creare il solito clima di
panico, da usare poi come giustificazione per assurde leggi xenofobe
(vedi decreto sicurezza)

Si
sbattono in prima pagina i “mostri” stranieri per poi non dire
che la maggior parte delle violenze si consumano fra le mura
domestiche delle oneste famiglie nostrane. Ci si preoccupa del mondo
femminile solo quando fa comodo per altri scopi, nessuno parla della
sicurezza delle donne in termini di diritti e reale autonomia,
nessuno parla delle violenze che le donne subiscono dal sistema
neoliberista.

Cosa
intendi per sistema neoliberista?

Intendo
l’organizzazione della nostra società, che poi nostra di
chi…io non la sento tanto mia. Intendo le motivazioni economiche
che hanno portato la precarietà nelle nostre vite. Ma gli
interessi economici, da soli, non avrebbero così tanto potere
di azione…occorre una classe politica che ne faccia la sua
priorità.

Mi
sembra di capire che sei molto critica verso la classe
politica…credi che quella reggiana sia differente?

Se è
vero che si deve sempre partire da casa propria ti dirò che la
critica è soprattutto rivolta all’amministrazione locale e a
quell’insieme di interessi “diffusi “ che veicolano le scelte in
questa città.

Per
esempio, per rimanere in tema, ho seguito tutte le dichiarazioni, i
comunicati e le iniziative locali contro la violenza sulle donne,
soprattutto dopo la tragedia del tribunale..e mi è venuto da
ridere, vista la mia, anzi la nostra, esperienza:

siamo
lieti che chi governa esprima decisa condanna alla violenza sulle
donne ma vorremmo che alle parole seguissero fatti seri e, purtroppo,
crediamo che ci troveremo in forte disaccordo su quali siano questi
fatti.

Come
al solito sentiremo parlare di sicurezza sempre nella sua accezione
poliziesca , sentiremo invocare
pene più severe etc..etc…

Ma
tutto ciò non servirà a nulla, non risolverà il
problema.

La
prima sicurezza di cui le donne hanno bisogno è quella di
poter avere modo di essere autonome e di poter, soprattutto quando in
pericolo ma non solo, abbandonare il tetto sotto cui si consumano le
violenze con la certezza di aver modo di proseguire sole o con i
propri figli.

Quante
donne una volta divenute “sole” perchè decidono di
separarsi dal proprio compagno finiscono a fare la spola fra servizi
sociali ed enti in generale, perchè le case a prezzo popolare
non ci sono, il lavoro per le donne con figli piccoli neppure ?
Quanto devono elemosinare per vedere, nel migliore dei casi, solo
qualche briciola dei propri diritti?

Voi,
come collettivo sottotetto avete anche uno sportello per il diritto
alla casa, vero?

Sì,
in una casa occupata che ha funzione di sportello oltre che di
abitazione.

Lo
sportello per il diritto alla casa del collettivo sottotetto è
stato attraversato, in un anno di lavoro, soprattutto da donne, con
figli piccoli o comunque minori, tutte con lo stesso problema: non
riuscire ad andare avanti senza un uomo, non riuscire a permettersi
una casa, a trovare un lavoro compatibile con il loro essere madri,
non riuscire ad uscire da quella precarietà che spesso
impedisce di prendere la decisione di andarsene, anche quando
andarsene può voler dire salvarsi la vita.

Quello
che chiediamo a chi a gran voce si schiera contro la violenza sulle
donne è di smettere di essere complice di questa violenza con
le proprie politiche scellerate e di cominciare ad invertire la rotta
, verso la costruzione di un sistema società che possa far
fronte alle esigenze di donne e madri, che permetta loro di liberarsi
e di poter essere autonome senza dover elemosinare diritti che non
otterranno mai.

Come si accede al vostro sportello?

Basta telefonare a questi due numeri:
347/2480760 347/8400532

poi viene dato un appuntamento in via
Compagnoni 37 .

Quello che tengo a specificare è
che il nostro non è uno sportello di assistenza tramite il
quale si trovano soluzioni ai problemi individuali ma è un
mezzo di incontro fra persone che vivono lo stesso problema e
intendono risolverlo in maniera autonoma e collettiva.

Collettivamente si analizzano anche
l’emergenza abitativa diffusa e le politiche sulla casa, sempre ben
inserite nel contesto attuale di precarietà “selvaggia”.

Quello che voglio dire è che chi
si unisce a noi entra a far parte di un gruppo orizzontale di
discussione, elaborazione e attività politica dal basso, non
esistono assistenti e assistiti.

Un’ultima domanda: come mai avete
scelto come base per la vostra attività lo storico quartiere
Compagnoni?

Prima di tutto perchè ci sono
tantissime case vuote e abbandonate: erano 105, ora ne rimangono 98
perchè 7 sono occupate.

E poi perchè ciò che sta
accadendo in quel quartiere è un ottimo esempio della tendenza
delle politiche abitative: abbattimenti di case pubbliche,
ricostruzione della maggior parte private, delega ai privati della
politica abitativa “sociale”.

Analizzando il progetto Compagnoni si
potrebbe quasi pensare che l’amministrazione locale, prendendo alla
lettera le statistiche che mettono al primo posto le violenze dentro
le mura domestiche, abbia pensato di eliminare il problema eliminando
le mura domestiche…