Altri colpi al cuore dell’edilizia popolare

Martedì 8 febbraio, ennesimo brusco risveglio per gli abitanti di via
Compagnoni.

All’alba cominciano i colpi di mazzetta che rimbombano per le scale dei
palazzi ancora in parte abitati. Materiali di ogni tipo volano dai balconi
senza che nessuna norma di sicurezza venga rispettata. Le case vengono
sventrare senza che ci si curi di chi l’inverno deve finire di trascorrerlo
proprio a fianco degli appartamenti distrutti e lasciati aperti, senza nè porte
nè finestre, in balìa del gelo.

Compagnoni è una ferita aperta ed ACER e amministrazione comunale, per mano
della ditta Fontanili che per far soldi non guarda in faccia a nessuno da
generazioni, gettano sale.
Compagnoni è una ferita che brucia perchè lì si sta finendo di consumare uno
dei più grandi affronti all’edilizia popolare ed alla dignità degli abitanti.
Dall’alto si è deciso di demolire il quartiere chiamando riqualificazione ciò
che in realtà doveva essere chiamata privatizzazione speculativa, gli abitanti
vengono spostati come pacchi postali e non si ha nemmeno la decenza di
aspettare che tutti se ne siano andati per cominciare a distruggere.

La cosa in realtà va avanti da anni, da quando l’assessore Colzi cominciò a
far devastare gli appartamenti tenuti sfitti per anni per evitare che qualcuno
li occupasse(dopo aver dichiarato di tenerli vuoti per le emergenze…), ed è
l’unica risposta che è stata data a chi denunciava l’emergenza abitativa e si
opponeva alla svendita del patrimonio pubblico pagato con le tasse degli
operai.

Certo, come risposta è molto chiara, come è chiaro l’atteggiamento che
l’amministrazione sta continuando a tenere verso chi ha problemi abitativi,
siano essi occupanti “abusivi” o regolari assegnatari.
Il messaggio è sempre lo stesso: sulla pelle dei più poveri si può fare tutto,
anche demolirgli le case addosso.

Vedi il servizio sulle demolizioni in Via Compagnoni su TG Reggio del 9 e 10 febbraio:

Progetto di autorecupero in Via Compagnoni

Oggi denunciamo l’ennesima devastazione da parte di ACER con mandato del Comune di Reggio Emilia di un appartamento di via Compagnoni, vuoto solo da qualche mese. Chiediamo se questo rientra nel piano di “riqualificazione” del quartiere, piano approvato nel lontano 1998, che consiste nell’ abbattere oltre 200 alloggi pubblici per ricostruirne appena 80 pubblici ed 88 privati. Già allora questo progetto ha creato malcontento all’interno del quartiere per la distruzione di un tessuto sociale ed una solidarietà costruita in piu’ di 40 anni di convivenza tra gli abitanti di Conmpagnoni, delocalizzandoli in altre zone della città.

Dal 1998 a oggi piu’ di un centinaio di questi appartamenti sono rimasti abbandonati e mai piu’ assegnati a chi era in graduatoria, ed inoltre, nonostante la precedente Giunta Comunale tramite l’ex Assessore alla casa Carla Colzi avesse dichiarato che questi appartamenti servivano per far fronte ad eventuali emergenze , oggi possiamo notare che oltre a non assegnarli si spendono soldi pubblici per renderli inabitabili devastandoli.

In questi anni è cambiato radicalmente il contesto economico e sociale della città: la crisi economica e la cementificazione
selvaggia impongono scelte diverse da parte della Amministrazione; è urgente dare risposte abitative che diano autonomia alle famiglie senza reddito o con un reddito intermittente, perchè chi perde il lavoro viene espulso in silenzio dallo status di cittadino.

Il Collettivo Sottotetto oggi, con la preziosa partecipazione dell’architetto Chiara Valli, presenta un progetto pilota di autorecupero che ci vedrà impegnati proprio nella riqualificazione di quest ultimo ed ennesimo appartamento devastato e la sua restituzione alla comunità sottoforma di abitazione popolare.

La restaurazione di un appartamento ha un prezzo di mercato che varia dai 1000 ai 1200 euro al metro quadro, il nostro progetto prevede una spesa massima di 300 euro al metro quadro.

L’autorecupero è una pratica edilizia sostenibile sia dal punto di vista sociale che economico: permette di recuperare il
patrimonio edilizio pubblico attraverso progetti che coinvolgono direttamente le famiglie in emergenza abitativa che prestano la loro manodopera, abbattendo in questo modo i costi generali dell’intervento.

La crisi economica che ha colpito soprattutto il mondo dell’edilizia, ha lasciato senza casa e lavoro molte persone impiegate
nei cantieri: queste persone e le loro famiglie sono i soggetti ideali per partecipare a un progetto di autorecupero che permetterebbe di risolvere il loro problema abitativo e offrirebbe un’opportunità di formazione di competenze specifiche in questo campo e la costituzione di una struttura che potrebbe affiancare altri interventi di questo tipo, creando anche la possibilità di un reddito. Attraverso la pratica dell’autorecupero è possibile riqualificare un quartiere degradato, mantenendo il tessuto sociale esistente e dando valore all’edilizia pubblica.

Le misure contro la crisi adottate dalla Provincia e da S.U.N.I.A., attraverso un finanziamento della Fondazione Manodori hanno messo a disposizione dei proprietari di case che si impegnavano a non sfrattare i loro inquilini 300.000 euro: questo fondo non è stato utilizzato e la misura adottata si è quindi dimostrata inefficace, anche perchè costituisce solo un rinvio del problema. La proposta di realizzare un progetto di autorecupero può essere invece una risposta concreta all’emergenza abitativa che sta colpendo una fascia sempre più estesa di abitanti: il finanziamento stanziato potrebbe essere investito per un progetto pilota nel quartiere Compagnoni che potrebbe essere esteso ad altri edifici e quartieri della città.

Scarica il progetto di autorecupero: Appartamento_48mq.pdf

Scarica esempi di costi di autorecupero e autocostruzione: Esempi di costi.pdf

IL SOTTOTETTO ALL’ASSESSORATO ALLA CASA

CONSEGNATE OLTRE 200 FIRME RACCOLTE IN SOLI TRE GIORNI

PER “DENUNCIARE” PUBBLICAMENTE L’ASSESSORE E TUTTA LA GIUNTA

DI DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO

Questa mattina verso le 11.30 alcuni membri del collettivo sottotetto
si sono presentati nell’ufficio dell’assessorato alla casa, retto da
Carla Maria Colzi di Rifondazione Comunista, per denunciare la
vergognosa devastazione del bene comune messa strategicamente in atto
nelle case popolari del quartiere compagnoni
, dove Comune e ACER
continuano a inviare i loro manovali per sfasciare i sanitari e gli
infissi
(vetri, porte, finestre) degli appartamenti vuoti allo scopo di
renderli inagibili per chi si trovi in stato di necessità.
Operazione
che tra l’altro viene svolta in palazzi che sono ancora abitati da
alcuni nuclei famigliari con evidenti conseguenze nell’ambito della
sicurezza e del degrado strutturale degli edifici.

Tutto questo
dopo che un anno fa, lo stesso assessore aveva dichiarato che “gli
appartamenti sfitti di via Compagnoni vengono tenuti liberi per
rispondere ad eventuali situazioni di emergenza abitativa,
per questo
sono al momento inutilizzati” .

Sono state raccolte da lunedì 7 ad
oggi, tra cittadini di reggio, dentro e fuori dal quartiere, centinaia
di firme per denunciare simbolicamente assessore e giunta comunale per
“devastazione e saccheggio del bene comune”, si richiede il massimo
della pena, che per il suddetto reato è pari a 15 anni di reclusione,
commutato in eguale periodo di interdizione ad ogni funzione pubblica
per chi prima distrugge e poi lucra su un bene pubblico costruito e
pagato col sudore dei cittadini.

Il vergognoso progetto di
“riqualificazione edilizia” del quartiere compagnoni è in realtà solo
una facciata che nasconde un piano di speculazione per milioni di euro,
e che vede demolito il patrimonio immobiliare pubblico, per lasciare
spazio a edilizia privata ad altissimo profitto visto il valore
immobiliare dell’area Canalina
, vicino alla campagna ma anche ad un
passo dal centro e da tutti i servizi. Una speculazione che vede
chiaramente collusi giunta comunale ed imprese edili in un circolo che
ha i connotati di una vera e propria mafia reggiana.

Tutto questo
mentre ogni giorno a Reggio Emilia e in ogni parte d’Italia (Roma,
Trieste, Firenze, Napoli, Milano e molte altre) vediamo un’impennata
dell’emergenza abitativa legata alla precarietà capillare del nostro
sistema e al cappio sempre più stretto del carovita, complici anche le
banche e i loro mutui a tasso variabile.

Ci chiediamo come in un
momento del genere, in una città che pretende di definirsi di centro
sinistra le sfere della politica si permettano di distruggere
l’edilizia popolare e in genere privatizzare ogni bene comune (acqua,
gas, energia, case, rifiuti) per riempire le proprio tasche o
semplicemente le loro poltrone.

Il collettivo sottotetto si propone
di recuperare le case pubbliche abbandonate a marcire e di far rivivere
un quartiere che è un pezzo di storia di questa città attraverso una
socialità reale e dal basso. Solo un quartiere vissuto può essere
sicuro per chi lo vive, famiglie, anziani, bambini e giovani
.

- ascolta l’intervento di Daniele del collettivo Sottotetto
[ audio ]
- galleria fotografica

LA DEVASTAZIONE DI COMUNE E ACER

VENERDì 4 APRILE 2008 – DEVASTAZIONE DELLE CASE PUBBLICHE

Il pomeriggio del 4 aprile ACER e Comune hanno mandato alcuni operai a distruggere gli
interni degli appartamenti sfitti e non assegnati di via Compagnoni,
partendo dal numero 39 dove ancora stanno abitando alcune famiglie.
Quando alcuni appartenenti al collettivo
sottotetto insieme ad alcuni abitanti “regolarmente assegnatari” hanno
chiesto spiegazioni su ciò che stava accadendo ricordando che
l’edilizia erp è un bene pubblico, la risposta è stata far arrivare tre
volanti dei carabinieri e cinque della polizia, identificare tutti i
presenti e impedire al fotografo della Gazzetta di Reggio (uno dei
quoridiani locali) di documentare lo stato degli appartamenti .”Ma se
sono così convinti di essere nel giusto, cos’hanno da
nascondere?”-afferma Chicca del Collettivo Sottotetto- abitante in una
casa occupata in quella via che era vuota da più di dieci anni.
Gli
appartamenti sfitti del quartiere (130) non vengono assegnati in attesa
di demolizione che però dovrà avvenire nel 2011, e sarà effettuata per
lasciare spazio a costruzioni private.
L’assessore alla casa Carla
Colzi, di rifondazione comunista, ha dichiarato ai giornali che gli
operai stavano demolendo costruzioni abusive all’interno degli
appartamenti ed ha minacciato gli attivisti del sottotetto di querela
per diffamazione quando, riportando un articolo apparso l’estate scorsa
su un quotidiano locale, hanno citato le parole dello stesso assessore
che in quella occasione affermò: “quelle case sono vuote per poter
essere utilizzate in caso di emergenza”.
Sono state distrutti
infissi, porte, finestre e sanitari. Continua Chicca del collettivo:
“Fanno schifo, invece di assegnare le case a chi ne ha bisogno come le
famiglie rom che sono state sgomberate ieri da una casa abbandonata
occupata per necessità, le demoliscono per fare spazio a edilizia
privata e le distruggono prima internamente per evitare che qualcuno
possa riappropriarsene esercitando il proprio diritto all’abitazione. E
in più non hanno nemmeno il coraggio di dire la verità su quello che
stanno facendo”.

LETTERA DI UN’ABITANTE DI VIA COMPAGNONI

Questa lettera è stata scritta ed inviata agli organi di stampa da un’abitante di Via Compagnoni.
 
CASE POPOLARI?
 
In questi giorni i giovani che occupano alcuni appartamenti in via Compagnoni si sono visti arrivare un’ingiunzione che li intima di lasciare gli alloggi entro trenta giorni.
Sì, perchè il loro è un atto illegale.
 
Illegale?
 
Ma la casa non dovrebbe essere un diritto garantito a tutti i cittadini?
 
Allora forse conviene fare una riflessione per capire chi ha le responsabilità maggiori in questa vicenda.
 
Il quartiere Compagnoni è da circa dieci anni che ha una settantina di apartamenti vuoti:
chi è responsabile del mancato utilizzo che le famiglie bisognose avrebbero potuto farne?
chi è responsabile del mancato introito economico che tali affitti avrebbero potuto dare?
 
Ci potranno obiettare che gli appartamenti non potevano essere consegnati in quanto sarebbero sorti dei problemi nella consegna dei nuovi alloggi che la ristrutturazione del quartiere metterà a disposizione.
 
Ma questi problemi nascono da una drastica riduzione degli alloggi: nel nuovo quartiere ne spariscono, per uso pubblico, la metà.
 
Ma da dove nasce una tale decisione proprio quando si è in presenza di un’emergenza abitativa? 
 
Ci potranno dire che non c’era spazio in quanto era necessario fare spazio al verde. Ma allora perchè una fetta importante del terreno edificabile verrà ceduto ai privati? E il ricavato che fine farà? Servirà forse a sanare una cattiva gestione?
 
A margine, ma non in ordine di importanza, ci verrebbe da chiedere chi paga per scelte sbagliate, fatte coi soldi pubblici, come quella di ristrutturare case che dopo un paio di anni di decide di abbattere.
 
Come mai nei nuovi edifici non sono stati messi i pannelli solari? Non dovrebbe essere proprio l’edilizia pubblica a dare l’esempio con vantaggi di risparmio energetico ed economico?
 
Si potrebbe concludere facendo un complimento a chi ha deciso di "colorare" le nuove palazzine di grigio cemento, sì perchè è quello il giusto gusto del bello dei nostri amministratori.
 
Forse non possiamo pretendere, ma ci sembra poco corretto mandare le forze dell’ordine a far rispettare legge e ordine sempre e solo a chi si ribella a questo stato di cose, mentre altri sono i veri colpevoli, altri calpestano e speculano sui diritti dei cittadini.
 
Maria Grazia Del Rio
Ex maestra elementare in pensione, da più di quarant anni residente nel quartiere Compagnoni 

INTERROGAZIONE COMUNALE PER SGOMBERARE IL COLLETTIVO SOTTOTETTO

Leggi l’articolo del Carlino Reggio

- Leggi l’articolo dell’Informazione

LA RISPOSTA DEL COLLETTIVO

Visti gli articoli usciti su "Il Carlino reggio" e "l’informazione"
in data 20 settembre 2007, che si occupavano del collettivo sottotetto
e delle case autoassegnate di Via Compagnoni, ci vediamo costretti a
rispondere pubblicamente al consigliere comunale Marco Eboli e
all’assessore Carla Colzi.

Innanzitutto constatiamo con dispiacere la presenza di
enormi imprecisioni nelle dichiarazioni dei due soggetti istituzionali,
chiaro segno di una superficialità che non dovrebbe mai essere
caratteristica di chi amministra e governa:

1- I numeri civici degli stabili in cui è presente il
collettivo sono 35, 37 e 39 , non quindi il 27 come affermano i due
illustri signori, e fanno parte del terzo stralcio che verrà abbattuto
e non quindi ristrutturato nè tantomeno soggetto a riassegnazioni (a
meno che non si stia pensando di assegnare macerie). Gli stabili in
questione fanno parte di quei 195 alloggi pubblici che verranno
abbattuti per ricostruirne solo 80 ancora pubblici più 88 privati.

2-Chiediamo all’assessore Colzi come ha intenzione di
utilizzare questi appartamenti per "smistare" (vedi articolo del
carlino) i residenti in attesa dei nuovi alloggi quando gli alloggi in
questione, vuoti da 10-15-20 anni, sono in evidente stato di degrado
dato dall’abbandono e dal disinteresse e quando Comune e acer si sono
addirittura resi responsabili della distruzione dei sanitari degli
appartamenti vuoti da meno tempo pur di renderli inagibili ,
appartamenti per logica più consoni ad ospitare gli eventuali
"smistati" (vedi stampa locale del 25 luglio2007).

3- Per quanto riguarda le utenze vengono regolarnmente
pagate dai membri del collettivo che si sono intestati regolare
contratto, insieme ad un affitto simbolico di 30 euro mensili
corrisposto ad acer, calcolato sul minimo legale pari a 28 euro.

4-Le famiglie autoassegnatarie sono 7, di cui due
composte da una sola persona , due composte da donne separate con figli
e tre da coppie di fatto,tutte con lavori , redditi e quindi vita
precaria. Ci dispiace che la signora Colzi, amministratrice ed
esponente di un partito di sinistra, consideri le famiglie non
canoniche come "dei ragazzi che si ritrovano a bere due birre in attesa
che l’appartamento venga demolito".

5-Ci chiediamo se il problema "casa" a Reggio Emilia
siamo noi che, mutuando i termini della denuncia della famiglia Rossi,
abbiamo autoriqualificato appartamenti vuoti e abbandonati, o se il
problema non sia chi fa cassa a spese del patrimonio pubblico, chi
specula, chi non costruisce da anni un metro quadro di edilizia
pubblica in più dell’esistente(vedi intervento di Matteo Sassi,prc, sul
Carlino Reggio la scorsa settimana).

6-Ci chiediamo anche come mai le interpellanze su Via
Compagnoni non siano state fatte sulle 105 case vuote da anni,argomento
su cui si dovrebbe rendere conto agli 850 nuclei familiari in attesa di
casa popolare,invece di scaricare le responsabilità
dell’amministrazione su un collettivo che si occupa, anche tramite uno
sportello pubblico, di difesa e riappropriazione del diritto alla casa
per tutti.

Invitiamo tutta la popolazione della città a venire nel
quartiere Compagnoni a rendersi conto con i propri occhi di quale sia
la gestione pubblica del bene comune, a verificare lo stato di
abbandono e la presenza delle tantissime case sfitte.

 

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PROGETTO HABITAT GIOVEDì 13 SETTEMBRE A PARTIRE DALLE 19.00 VIA COMPAGNONI

PROGETTO HABITAT

Habitat è un’esperienza di attivismo culturale, in cui artisti di diverse nazionalità si incontrano con il collettivo sottotetto e insieme, partendo dalle case occupate di via Compagnoni, propongono alla città un percorso di riappropriazione dal basso di spazi e beni comuni: diritto alla casa e diritto alla cultura come parti essenziali di un abitare dignitoso.

Habitat inizia con l’occupazione di una delle tante case sfitte e abbandonate di via Compagnoni, con i lavori di ristrutturazione autonoma di quello spazio che ritornerà ad essere abitazione,  e continua con la produzione di opere strettamente legate alla quotidianità e alla storia di questo luogo, simbolo oggi di una città che sta cambiando in un’ottica speculativa senza precedenti.

Partiamo proprio da quei luoghi deliberatamente abbandonati, lasciati a loro stessi sia per quanto riguarda la manutenzione degli edifici sia per quanto riguarda quegli stimoli vitali che si dovrebbero incontrare quando dagli edifici si esce, partiamo dalle crepe della "città perfetta", dalla polvere sotto il tappeto di chi usando termini come "riqualificazione" nasconde l’intento di sacrificare un bene comune come l’edilizia pubblica a beneficio del profitto privato, di chi relega il ruolo dell’arte e della cultura a comparse in eventi esageratamente dispendiosi e calati dall’alto.

collettivo sottotetto
artisti in residenza-resistenza

vedi il flyer: 56384-volantino.pdf

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