COMPAGNONI – APPUNTI DALLA CITTA’ COMUNE

Conferenza stampa davanti al comune con i cocci delle case demolite di via Compagnoni

Proprio in questi giorni è previsto il definitivo svuotamento delle case popolari di Via Compagnoni, l’ultimo stralcio che deve essere abbattuto per il compimento del progetto che hanno il coraggio di chiamare “riqualificazione” ha i giorni contati.

In un paesaggio dall’aria post-nucleare, fra palazzi mezzi demoliti e cortili lasciati ormai all’abbandono, vivono ancora una decina di famiglie assegnatarie e altrettante occupanti. Agli assegnatari è stato promessa una nuova sistemazione entro fine marzo ma nel frattempo li si lascia ormai da mesi a vivere in condizioni inaccettabili, in case fredde perché sventrate, in mezzo ai rottami; degli occupanti si finge di ignorare la presenza.

Il piano è piuttosto chiaro: uscito l’ultimo fra gli assegnatari regolari verranno chiusi luce, acqua e gas in modo che le famiglie rimaste, i famigerati “abusivi”, siano costrette ad andarsene senza procurare all’amministrazione l’imbarazzo di dover mettere di mezzo polizia e carabinieri, senza figuracce come quella del 2008, quando mandarono più di cento poliziotti e chiusero tutta la via per sgomberare un palazzo abitato da 8 adulti e sei bambini in un quartiere dove per dieci anni si sono lasciate 130 case pubbliche vuote.

Oggi più che mai la figura dello storico quartiere Compagnoni è simbolica e rappresentativa. Dopo dieci anni di rielaborazioni, il progetto, che prevede l’abbattimento delle case pubbliche e la ricostruzione per la maggior parte di abitazioni private e spazi commerciali, volge al suo termine proprio nel momento in cui l’emergenza abitativa, causa crisi, disoccupazione e speculazione, sta raggiungendo livelli molto preoccupanti anche nella nostra città. Proprio ora, mentre le graduatorie per le case popolari scoppiano, mentre gli sfratti per morosità lievitano ed i pignoramenti sono all’ordine del giorno, un altro quartiere popolare viene distrutto. Gli abitanti del quartiere, quelli regolari, vengono trattati come cittadini di serie D e gli si iniziano addirittura a demolire le case addosso mentre gli occupanti vengono ignorati ed entrano in pieno nello status di invisibili.

Compagnoni è un esempio perfetto per descrivere la modalità d’azione e le priorità politiche di chi amministra questa città e, probabilmente, dei loro numerosi amici:

1 – L’abbattimento di case pubbliche e la costruzione al loro posto di edifici privati la dice lunga su quali siano gli interessi che hanno la priorità sul territorio: fra il diritto alla casa e la speculazione edilizia, la seconda la fa decisamente da padrone. La domanda che sorge è questa: perché in una città con le graduatorie di attesa per una casa popolare che superano i mille nuclei famigliari e diecimila case private vuote, si alienano case pubbliche e se ne costruiscono altre private?

2 – Gli occupanti vengono ignorati esattamente come viene ignorata l’emergenza abitativa in atto. I “nostri” amministratori forse pensano che i problemi, ignorandoli, si risolvano da soli. Ci dispiace dover dire loro che non è così: gli occupanti di compagnoni sono solo una minuscola parte dei senza casa reggiani e non scompariranno all’improvviso solo perchè si chiudono loro l’acqua e la luca così come non scompariranno tutti gli altri che, anzi, aumenteranno vertiginosamente non essendoci in atto nè in programma alcuna politica abitativa seria.

3 – Il collettivo sottotetto denuncia da 5 anni l’imminenza di una crisi abitativa senza precedenti, propone progetti di autorecupero e idee per evitare il disastro. Il collettivo, così come chiunque altro abbia osato mettere in discussione le politiche edilizie di questo territorio, non solo è sempre stato ignorato ma addirittura è stato reso protagonista di una campagna disinformativa atta a costruire un’immagine criminale e distorta del lavoro del collettivo stesso.

Riassumendo si può dire che dall’analisi della questione Compagnoni emerge un quadro fedele della gestione privata e supina alle esigenze della rendita che gli amministratori di questa città promuovono e attuano sul territorio comune.

Come sottotetto ci siamo sempre occupati soprattutto di diritto alla casa, inteso però in maniera più ampia come diritto all’abitare, cioè a vivere in un territorio ben gestito da persone attente alle esigenze dei cittadini, sia dal punto di vista dei diritti che di tutti i fattori che contribuiscono ad alzare il livello di qualità della vita.

La questione della gestione del territorio non riguarda solo chi si vede negato l’accesso all’abitazione in senso stretto ma coinvolge tutti coloro che vivono in questa città: se gli amministratori decidono di asservire lo spazio comune alla rendita privata ci perdono tutti. I milioni di metri cubi di cemento calati dall’alto negli ultimi dieci anni hanno tolto spazio a tutti gli abitanti, le case costruite e lasciate vuote danneggiano tutti i cittadini sia dal punto di vista ambientale che economico.

La battaglia per la difesa del territorio comune contro la rendita privata deve essere di tutti, ed è la  battaglia di chi non ha una casa , di chi non vuole respirare i veleni di un inceneritore, di chi non vuole le centrali nucleari, di chi vorrebbe più verde e meno cemento, di chi vuole che l’acqua sia pubblica, di chi lavora per un’urbanistica diversa, di chi con il proprio lavoro autorecupera stabili abbandonati restituendoli alla comunità e di chi cerca di costruire una città accogliente e aperta.

POTRANNO IGNORARCI TUTTI?

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