Presidio per il blocco degli sfratti sotto l’assesorato all’urbanistica di Reggio Emilia

REGGIO EMILIA 2010: 80 SFRATTI A SETTIMANA!

Nella nostra città, Reggio Emilia, gli sfratti per morosità hanno raggiunto un numero impressionante: dai 50 agli 80 ogni settimana.

La crisi si fa sentire, tante persone non lavorano più o lavorano troppo poco e a condizioni contrattuali assurde che non permettono di sostenere le spese necessarie a mantenere un tetto sulla testa, spese che, lo ricordiamo, arrivano anche a superare la metà dello stipendio mensile percepito e non sono mai inferiori al 30% di questo.

Quando lo stipendio c’è, quindi, tocca spenderne buona parte solo per garantirsi una casa… ma quando, come in questo momento, per molti non c’è?

In questi momenti succede che gli sfratti toccano le cifre sopraccitate e che centinaia di persone si trovano senza casa, con in più il paradosso di trovarsi in una città dove l’investimento sul mattone ha superato ogni limite di decenza, dove ci sono più case che abitanti, dove il territorio comune ha pagato un prezzo esorbitante alla speculazione e alla rendita.

Il collettivo sottotetto denuncia da quattro anni l’emergenza abitativa in città ma solo da un anno a questa parte
l’amministrazione comunale comincia ad ammettere che un’emergenza c’è trattandola però come una calamità naturale, come fosse qualcosa di incontrastabile. Per grazia ricevuta, facendocelo vivere come un favore che ci fanno, ogni tanto
escono sui giornali pubblicizzando qualche tampone inutile o qualche soluzione improbabile.

Di pura pubblicità, appunto, si tratta, come gli articoli entusiasti usciti qualche mese fa in merito ad un fantomatico blocco degli
sfratti. La verità è che nessuno sfratto fino ad oggi è stato bloccato tramite il tanto decantato accordo raggiunto con le associazioni dei proprietari di casa. L’iter per ottenere la sospensione della procedura di sfratto prevede che il
proprietario di casa faccia la richiesta al tribunale, per ottenere in cambio un risarcimento minimo che non conviene a nessuno. Risultato: gli sfratti continuano ad essere eseguiti e soluzioni alternative non ne esistono. I servizi sociali non sono attrezzati per questo e tutte le altre strutture pubbliche nemmeno.

Gli unici che potrebbero agire, investiti dalla legge, sono gli amministratori ed il sindaco in primis, sindaco che preferisce usare i suoi poteri per sfornare ordinanze inutili e dannose come il divieto di manifestare nei fine settimana mentre continua ad ignorare la sua possibilità di requisire le case sfitte o di bloccare seriamente, con ORDINANZA, l’esecuzione degli sfratti.

Venerdì 26 marzo, a Cadè, una famiglia con tre bambini piccoli sarà buttata fuori di casa, da una casa di un multiproprietario, senza nessuna soluzione proposta. Nella stessa palazzina, dello stesso proprietario, altre due famiglie hanno ricevuto la notifica di sfratto. Questo è quello che succede quando la pubblicità non corrisponde alla realtà.

Oggi siamo qui proprio per questo: per chiedere conto all’assessore Ugo Ferrari, che ha la delega alla casa, e, tramite lui, a tutti gli amministratori partendo dall’assessore Matteo Sassi e dal sindaco Graziano Del Rio, della pubblicità che si sono fatti tramite l’annuncio del blocco degli sftatti e che nella realtà non esiste. Siamo qui per dirgli che non siamo tutti stupidi, non tutti ci facciamo fregare e che abbiamo capito come lavora questa gente che si ricorda di noi sfrattati e senza casa solo quando deve rifarsi la faccia con parole vuote.

Venerdì 26 marzo noi saremo a Cadè per impedire l’esecuzione dello sfratto perché non abbiamo intenzione di uscire dalle nostre case come non abbiamo intenzione di farci espellere dalla città che ci ha usato per produrre ricchezza e che ora cerca di disfarsi di noi perché non le serviamo più.

Noi gli sfratti li blocchiamo. L’amministrazione e gli assessori Ferrari e Sassi non possono dire lo stesso.

BLOCCO DEGLI
SFRATTI PER TUTTI!

BASTA SPECULARE
SULLE NOSTRE VITE E SUL TERRITORIO COMUNE!

Progetto Casa Bettola

Resoconto del progetto Casa Bettola

Il 2 giugno del 2009 il collettivo Sottotetto ha dato vita tramite l’occupazione della casa cantoniera in via Martiri della Bettola al progetto ‘Casa Bettola’, che consiste in uno sportello per il diritto alla casa, un appartamento di emergenza, uno spazio di incontro ed attività culturali a disposizione di associazioni ed un orto collettivo.

Questo progetto è stato presentato alla Provincia di Reggio Emilia con l’intenzione di auto recuperare un edificio pubblico destinato alla svendita mediante asta, per garantire un servizio utile alla collettività a costo zero, vista la mancanza di risorse a disposizione delle amministrazioni per affrontare l’emergenza abitativa in atto. A fine settembre abbiamo avuto un incontro con l’assessore provinciale alla sicurezza sociale Marco Fantini per convenzionare il progetto, con la volontà di uscire dallo stato di occupazione. Nonostante il progetto sia stato valutato utile e positivo per la collettività, l’assessore da allora non si è piu’ interessato ad esso.

Il collettivo ha proseguito a realizzare praticamente quello che si era prefisso nel progetto e a distanza di nemmeno un anno oggi presentiamo i frutti di questo faticoso e gratuito lavoro. L’appartamento di emergenza ha ospitato in 10 mesi 2 donne sole con bambini e 2 famiglie. Una donna con bambino e una famiglia rispettivamente dopo 3 e 5 mesi hanno trovato una soluzione alternativa, lasciando il posto ad altre persone in emergenza.

Lo sportello per il diritto alla casa è stato attraversato da un centinaio di persone e nuclei famigliari. Il primo aspetto che ci ha colpito è stata soprattutto la varietà delle persone e delle storie che si sono avvicinate al collettivo: da persone senza permesso di soggiorno a reggianissimi ex benestanti, da singoli a famiglie numerose, da coppie solide a donne separate con figli al seguito, da studenti precari a nonne combattive che vogliono occupare una casa con figlia e nipote, una varietà che ha sfatato miti e stereotipi prima di tutto nostri, e che ci ha dato una mano ad affinare – e riaffermare – il nostro discorso sul problema casa in città. Questa varietà di persone che hanno attraversato lo sportello dimostra come la questione abitativa sia una problematica estremamente trasversale e diffusasi a macchia d’olio con l’avvento della crisi economica.


CON QUALI PROBLEMATICHE ABBIAMO AVUTO A CHE FARE

Ci sembra importante porre subito l’accento su una problematica collaterale con la quale ci siamo dovuti e ci dobbiamo confrontare nostro malgrado: quella della legislazione sull’immigrazione che, a causa di maglie sempre più strette e razziste, divide gli esseri umani in persone legali e non, costringendo i primi a un degradante gioco dell’oca collegato strettamente al diritto alla casa, lavoro e permesso di soggiorno. Altrettanto importante ci sembra sfatare il mito secondo cui un collettivo come il nostro ha a che fare solo con cittadini stranieri: ben il 45% delle volte infatti si è trattato di italiani, il 49% di

nuclei migranti europei ed extraeuropei e nel restante 6% di nuclei misti.

Il 51% delle persone che si sono rivolte allo sportello lo hanno fatto come portavoce di un nucleo famigliare; nuclei, che per 810 sono composti anche da bambini e per 410 da una donna sola con figli al seguito. Per l’altro 49% si tratta di singoli, spesso studenti o lavoratori precari in cerca di emancipazione dalla famiglia di origine ma frenati dai proibitivi prezzi di mercato.

Il 74% di chi si rivolge allo sportello lo fa perchè è in condizione di morosità su un affitto privato; il 9% è moroso da una casa pubblica, il 10% è vittima di un pignoramento da parte di una o piu’ banche e il 7% è senza fissa dimora. Un dato che ci sembra interessante riguarda il numero di quelli che, quando si sono rivolti a noi, contemporaneamente erano iscritti alle liste per le case popolari: appena l’ 11%. Da questo dato si nota che le persone sempre più spesso rinunciano a iscriversi alla graduatoria delle case popolari. Il 60 % di chi si rivolge allo sportello è disoccupato , un terzo di questi sono ex artigiani che lavoravano nell’edilizia, mentre il 40% ha un lavoro fisso o precario.

Notiamo da questi dati che gli affitti calmierati, l’ agenzia per l’affitto e l’ housing sociale non sono accessibili  per chi ha perso il lavoro e per chi ha un lavoro precario, dimostrandosi inadeguati per le persone che da anni hanno lavorato e  hanno costruito la loro vita nel territorio reggiano, contribuendo alla ricchezza della città.

L’ 81% di chi si rivolge allo sportello è residente a Reggio Emilia o provincia, il 19% è senza residenza e di questi i due terzi hanno perso la residenza dopo lo sfratto.

Notiamo l’aumento della tendenza all’esclusione dal territorio non solo dei migranti esterni extracomunitari, ma coinvolge anche migranti dal sud Italia e i cosiddetti reggianissimi che dopo 6 mesi dallo sfratto perdono la residenza nel territorio,perdendo di conseguenza i diritti di cittadinanza, primo tra tutti la possibilità di rivolgersi ai servizi sociali cittadini.

GLI INTERVENTI DELLO SPORTELLO


Il 23% di chi si è rivolto allo sportello ha usufruito della consulenza legale, il 25% è stato accompagnato ai servizi sociali, il 5% alla Caritas e il 2% al SERT. L’11% ha deciso di occupare una casa pubblica non piu’ assegnabile, 8% è stato ospite di case già occupate ed il 22% ha rinviato o bloccato lo sfratto tramite pressioni politiche e mediatiche, il 10% ha trovato una soluzione con le proprie risorse presso famigliari ed amici e, infine, il 15 % ha accetato le condizioni offerte dai servizi sociali, precedentemente rifiutate perchè vincolate alla divisione della famiglia, da una parte madre e bambini, dall’altra il padre.


Dagli ultimi dati si nota che l’occupazione non è la soluzione piu’ praticata dalle persone che vengono allo sportello, è una scelta obbligata, l’alternativa è la strada. Chi ha deciso di occupare lo fa temporaneamente usando questa soluzione come ammortizzatore sociale, cercando una soluzione meno precaria e lasciando la casa libera per chi ne ha bisogno non appena trova una autonomia di reddito sufficiente.

All’interno di Casa Bettola ha preso sede anche l’associazione Alternativa Libertaria che promuove iniziative di tipo politico, sociale e culturale.

L’orto collettivo è stato vangato, concimato e zappato dalle famiglie che si sono unite al progetto per dare una risposta al rincaro continuo della verdura.

Quarto sfratto bloccato fino al 26 marzo

Oggi 22 febbraio 2010 il collettivo sottotetto assieme alle tre famiglie sotto sfratto nella stessa palazzina di villa cadè, appartenente ad un unico proprietario, hanno impedito per la seconda volta la quarta esecuzione di sfratto ai danni di uno dei nuclei famigliari. La famiglia che rischia di rimanere senza casa è composta da moglie, marito e tre bambini, di cui uno con una forte disabilita’, e una persona anziana.
La contraddizione che vediamo è che i componenti di queste tre famiglie da circa 15 anni lavorano come muratori ed idraulici a Reggio Emilia costruendo case e contribuendo alle risorse di questa città. Oggi che non c’è più lavoro viene tolto loro il diritto alla casa, nessuna delle soluzioni anticrisi pubblicizzate dal comune garantisce questo diritto.
E’ passato un mese dalla prima denuncia pubblica della situazione ed in questo tempo né il comune né l’associazione dei proprietari si sono mossi per rendere reale il blocco degli sfratti pubblicizzato a fine dicembre. Lo sfratto odierno è stato rimandato al 26 marzo , data in cui sarà effettuato il quinto accesso con l’uso della forza pubblica. Se l’amministrazione non interverrà trovando una soluzione, questa volta non sarà uno degli ottanta sfratti a settimana eseguiti in silenzio. Siamo determinati a proteggere il diritto all’abitare a discapito del diritto di rendita dei palazzinari, diritto sempre ben protetto dalle istituzioni.
Chiediamo all’assessore alle politiche sociali Matteo Sassi: dove devono andare le famiglie che da decenni lavorano in questa città e che hanno costruito la loro vita qui, oggi, che con la crisi si trovano con un reddito insufficiente a pagare un affitto?
Gli appartamenti vuoti di via Compagnoni, che la “precedente” amministrazione aveva dichiarato servissero per le emergenze salvo poi mandare i dipendenti di ACER a devastarli , non potrebbero essere autorecuperate da quegli artigiani muratori, idraulici, elettricisti che si trovano senza casa e senza lavoro risolvendo due problemi in una sola volta?
Mentre ci pensi noi continueremo a bloccare gli sfratti ed a autorecuperare le case sfitte.

80 sfratti in una settimana a Reggio Emilia

Tratto da TeleReggio 28 gennaio 2010:

Lo scorso 14 gennaio, in tribunale a Reggio, si è tenuta la prima udienza del 2010 per l’esame delle richieste di sfratto. Un
appuntamento a cadenza settimanale in cui i proprietari di un’abitazione chiedono al giudice di intimare all’inquilino che non paga l’affitto di lasciare libero l’alloggio fissando un termine ultimativo. Quel giorno le richieste di sfratto per morosità sul tavolo del giudice erano ottanta. Un numero mai registrato in precedenza, praticamente raddoppiato rispetto alla media settimanale di tre-quattro anni fa. L’impennata è iniziata a fine 2009. È uno degli effetti della crisi economica e occupazionale. Il più devastante.

Sono sempre di più le famiglie reggiane che, a causa della perdita del lavoro o della cassa integrazione di uno dei componenti, non ce la fanno a pagare l’affitto mensile dell’abitazione. Quante? Solo in città si stima che nel 2010 i nuclei su cui incomberà lo sfratto esecutivo saranno tra 400 e 500. Basta un dato per avere un’idea della situazione attuale: nel 2008, erano stati 539 i provvedimenti di sfratto per morosità emessi nell’intera provincia di Reggio Emilia.

Un altro segnale di allarme arriva dal Comune capoluogo. Per fare fronte all’emergenza di famiglie che si ritrovano senza un tetto, l’amministrazione dispone dei cosiddetti alloggi ponte’: una cinquantina di appartamenti di proprietà pubblica in cui, su richiesta dei servizi sociali, vengono sistemati i nuclei in difficoltà per un periodo massimo di 18 mesi. Non solo risultano tutti occupati, ma tra dicembre e oggi è stato necessario mettere in lista d’attesa 30 famiglie. Non era mai accaduto prima. Per tentare di far fronte nell’immediato al problema, il Comune ha deciso di realizzare 15 nuovi ‘alloggi ponte’. Saranno disponibili entro un paio di mesi.

Bloccato sfratto a Cadè

Questa mattina l’ufficiale giudiziario, dopo aver constatato oltre una ventina di attivisti e le famiglie decisi ad impedire lo sfratto, ha deciso di prorogarlo al 22 febbraio 2010. Le famiglie e gli attivisti dello sportello per il diritto alla casa hanno annunciato un nuovo appuntamento per impedire lo sfratto quando questo diventerà esecutivo.

Oggi, 26 gennaio, il Collettivo Sottotetto si ritrova a mobilitarsi per impedire l’ennesimo sfratto: si tratta di una famiglia composta da una coppia con tre figli piccolissimi, di cui uno disabile, e la nonna. La palazzina da cui oggi questa famiglia dovrebbe essere buttata fuori è di proprietà di un’unica persona che, oltre a questi, possiede decine di altri appartamenti.

Sempre in questa palazzina altre due famiglie stanno aspettando lo sfratto per morosità ed oggi hanno deciso di partecipare all’azione di blocco coscienti del fatto che ad un problema comune la risposta deve essere collettiva.

Nel mese di dicembre 2009 abbiamo letto le dichiarazioni dell’amministrazione comunale che, per bocca dell’assessore Matteo Sassi, annunciava il blocco degli sfratti per chi abita nelle case pubbliche e, in forza di un accordo con l’associazione dei piccoli proprietari, anche per chi abita in case di privati.

Allo sportello per il diritto alla casa di via Martiri della bettola nr.6 nell’ultimo mese sono passate diverse famiglie le cui procedure di sfratto non sono state bloccate, evidenziando così la grossa distanza che corre fra le operazioni pubblicitarie dell’amministrazione e la realtà di chi ogni giorno si trova a dover fare i conti con crisi e disoccupazione.

Abbiamo così scoperto che per sospendere lo sfratto da una casa privata serve l’accordo e l’iniziativa del proprietario il quale deve segnalare la situazione al giudice competente ed in seguito fare richiesta al comune per ottenere un rimborso che non supera i 1500 euro annui.

Ci chiediamo quanti proprietari di appartamenti siano disposti a spendersi per il blocco di uno sfratto barattando un canone medio di 6000 euro annui con un rimborso del comune di un massimo di 1500 euro. I dati raccolti finora dal nostro sportello ci dicono che la risposta è sconfortante.

Tra i tanti primati sbandierati da questa amministrazione ci sentiamo in dovere di riportarne qualcuno: nel primo mese del 2010 Reggio è la prima città in Italia per numero di sfratti in rapporto al numero degli abitanti (fonte :TG3 ) ed è anche la città dove negli ultimi 10 anni si è costruito il triplo rispetto a Bologna, lasciandoci in eredità 8000 case vuote e tanti metri quadrati di verde in meno.

Ora è normale che ci si senta presi in giro: in una città in cui si è investito su un’espansione edilizia inutile e selvaggia ci si ritrova con una parte ingente della popolazione che sta perdendo l’ accesso al bene casa e che si ritroverà di conseguenza a perdere, insieme all’abitazione e alla residenza , anche i diritti di cittadinanza (accesso ai servizi sociali, medico di famiglia, rinnovo del permesso di soggiorno se cittadini migranti…)

Quello che chiediamo è che prefetto e sindaco smettano di usare i poteri loro conferiti per emettere ordinanze assurde come il divieto di manifestare o di fare l’elemosina e che comincino ad usarli per le cose che veramente servono in questo momento: bloccare REALMENTE gli sfratti, requisire le migliaia di case sfitte (chiaramente solo quelle dei multiproprietari) presenti in città ed usarle per far fronte all’emergenza abitativa.

Leggi gli articoli usciti sul blocco sui girnali locali:

26 gen 2010 blocco sfratti.pdf

26 gen 2010 blocco sfratt informazionei.pdf

Bloccato sfratto alle famiglie autoassegnatari della casa cantoniera a Cadè

La casa cantoniera di villa Cadè è stata occupata nel maggio del 2005 in maniera pubblica perchè alcune famiglie senza casa potessero viverci. Prima di allora la casa era in stato di totale abbandono ormai da diversi anni ed è stata rimessa a posto proprio dai nuovi abitanti. Oggi, a distanza di più di quattro anni, vivono in quella casa due famiglie di cui una composta da una giovane madre con tre figli piccoli. Sempre oggi (ieri, ndr) sei agenti della polizia di stato si sono presentati alla casa, hanno aperto la porta di ingresso con la forza e, dopo aver intimidito gli abitanti, hanno portato in questura una persona e “sequestrato” i documenti di tutti gli abitanti.

All’arrivo degli attivisti del collettivo sottotetto gli agenti hanno più volte cambiato versione in merito alle motivazioni della loro presenza e dell’azione che stavano compiendo: prima hanno dichiarato di essere stati mandati ad eseguire lo sgombero dai nuovi proprietari della casa che hanno detto essere il corpo della polizia forestale, cosa poi rivelatasi falsa; in un secondo momento hanno dichiarato di essere intervenuti a causa di un presunto furto di corrente elettrica, altra cosa totalmente falsa. Come ultima spiegazione gli agenti hanno parlato di un semplice “controllo” su segnalazione di ignoti riguardo alla presenza di “clandestini” che non hanno comunque trovato.

Il clima di odio e di caccia alle streghe che si è creato anche nella nostra città è molto preoccupante: si chiudono locali pubblici, si blindano quartieri con operazioni militari e si sfondano porte di case per semplici segnalazioni riguardanti, ricordiamocelo, la semplice presenza di esseri umani. La sola supposizione della presenza del “clandestino” basta per provocare e giustificare operazioni di polizia e leggi d’emergenza che immediatamente, con l’aiuto di
campagne mediatiche studiate appositamente, diventano spot pubblicitari su efficenza e sicurezza ad uso dei politici di turno e scuse per il varo di leggi vergognose come il recente pacchetto sicurrezza contro il quale manifesteremo, insieme a tanti altri, il 19 dicembre a Reggio Emilia.

Da questa storia nasce un’amara considerazione: qui tutti si adoperano per farsi difensori di non si sa quale sicurezza sgomberando, arrestando e deportando esseri umani ma nessuno pare preoccuparsi di garantire la SICUREZZA di avere una casa dove abitare e la possibilità di vivere in questa città nel rispetto dei diritti fondamentali. Le persone che stanno abitando la casa cantoniera di Cadè ne sono una dimostrazione: in quattro anni nessuno si è speso per risolvere la loro situazione di emergenza abitativa così come quella di tante altre famiglie che si trovano nella stessa situazione mentre gli interventi delle forze dell’ordine non si fanno mai aspettare.

I problemi sociali, constatiamo nuovamente, continuano ad essere affrontati come questioni di ordine pubblico, l’essere poveri è una colpa grave ed un vialibera per soprusi di ogni genere. Ci chiediamo se ora che la crisi avanza e la disoccupazione inizia a dilagare queste siano le uniche “azioni concrete” che ci possiamo aspettare e ci chiediamo se il nostro futuro sarà fatto di sfratti, pignoramenti,sgomberi e migliaia di case vuote ad uso unicamente speculativo. Ci chiediamo se quello che ci aspetta sarà un futuro di baraccopoli e se poi non ci lasceranno neanche quelle perchè turbative del pubblico decoro.

Non siamo disposti ad accettare il futuro nero che altri hanno programmato per noi e crediamo che le azioni concrete che seriamente possano risolvere i problemi legati all’emergenza abitativa non prevedano l’uso delle forze di polizia ma la messa in campo di risorse sociali e, per una volta, di provvedimenti seri a scapito di rendite e speculazioni come il blocco immediato di tutti gli sfratti, la requisizione delle case sfitte dei grossi prorietari immobiliari e la garanzia di un reddito per tutti coloro che hanno perso e perderanno il lavoro.

Insieme in piazza contro un futuro di baraccopoli

OGGI LA CASA NON E’ UN DIRITTO MA UN’EMERGENZA

Sempre piu’ persone sono senza lavoro e quelli che ce l’hanno hanno spesso contratti precari e/o stipendi che non permettono di campare. I redditi e le garanzie sul lavoro diminuiscono di giorno in giorno mentre il costo di affitti e mutui e le spese per il mantenimento di un alloggio continuano ad aumentare . Per molti cittadini sta diventando impossibile mantenere una casa e saranno sempre di piu’ coloro che si ritroveranno senza un tetto sulla testa.

COME SIAMO ARRIVATI A QUESTA SITUAZIONE? DI CHI E’ LA RESPONSABILITA’?

La responsabilità è di chi ha reso, tramite le vergognose leggi sul lavoro, le nostre vite sempre piu’ precarie. La responsabilità è di chi ha totalmente liberalizzato il mercato degli affitti ottenendo un aumento spropositato dei costi per le famiglie e le ha praticamente obbligate ad accendere mutui che ora non riescono piu’ a pagare. La responsabilità è di chi ha venduto le case pubbliche per poi privatizzare le politiche abitative (housing sociale) La responsabilità è di chi ha sfruttato per anni la manodopera a basso costo di chi , in questa città, è arrivato per costruire le migliaia di case previste dai piani regolatori fatti appositamente per favorire gli speculatori , case che ora sono vuote e vuote rimarranno perché nessuno se le può permettere. La responsabilità è di chi , una volta esaurita la necessità di quella manodopera, sta facendo di tutto per disfarsi della presenza scomoda di persone che hanno costruito non solo le case ma anche la propria vita qui. La responsabilità è di chi per anni ha ignorato gli appelli e le denunce pubbliche sull’emergenza abitativa, di chi ha fatto finta di niente e ha negato l’enorme problema sociale legato alla casa mentendo consapevolmente per difendere la propria immagine e lasciando i cittadini indifesi.

A CHE PUNTO SIAMO? DOVE SI ARRIVERA’ DI QUESTO PASSO?

Oggi siamo al punto in cui è quasi impossibile avere un reddito fisso ma senza un reddito fisso è impossibile accedere ai servizi pubblici per l’alloggio: per potersi iscrivere alle graduatorie per le case ERP (edilizia residenziale pubblica) occorre un reddito dimostrabile di almeno 8000 Euro l’anno ed è la soluzione a piu’ bassa soglia di accesso . Per chi ha perso il lavoro, per chi non ha reddito o ce l’ha “a singhiozzo” , le risposte non esistono. I servizi sociali non hanno risorse e chi si viene a trovare in situazione di povertà rimane senza casa. Insieme alla casa si arriva a perdere anche la residenza e con la
residenza si perdono i diritti di cittadinanza compresa la possibilità di rivolgersi ai servizi sociali . Una volta persa la casa e la residenza si è ufficialmente “espulsi” dallo status di cittadini , si diventa fantasmi senza diritti. Per chi poi ha la vita appesa ad un permesso di soggiorno le conseguenze diventano ancora piu’ disastrose.

SE SI PROCEDE DI QUESTO PASSO SI ARRIVERA’ ALLE BARACCOPOLI ABITATE DA INVISIBILI. NOI NON CI VOGLIAMO ARRIVARE.

Le dichiarazioni uscite negli ultimi tempi sui giornali, dalla decisione sulla sospensione degli sfratti per le case pubbliche (che riguarderà una minima parte di chi si trova in emergenza abitativa) al vergognoso scaricabarile di ACER che dopo anni di alienazione del patrimonio abitativo ora riversa la responsabilità su chi ha comprato le case (se le case pubbliche sono state comprate è perché qualcuno le ha messe in vendita…), dimostrano come da un lato non ci sia piu’ la possibilità di far finta di
niente sul problema casa e dall’altro lato come le amministrazioni continuino mettere “pezze” senza affrontare la questione nella sua reale complessità. Il fatto che i nostri amministratori non siano molto lucidi lo vediamo dimostrato anche da uscite come quella del contratto a punti per le case ERP.

CHI SIAMO E COSA VOGLIAMO

Le persone che oggi sono scese in piazza fanno parte di quella fascia di popolazione che è esclusa dalle politiche abitative e che, incontratasi tramite lo sportello per il diritto alla casa del collettivo sottotetto, ha deciso di iniziare una battaglia comune.

Quello che chiediamo è:

1. IL BLOCCO GENERALIZZATO DEGLI SFRATTI

2. L’ISTITUZIONE DI UNA “VIA DEL COMUNE”
DOVE CHI HA PERSO L’ALLOGGIO POSSA MANTENERE LA   RESIDENZA

3. L’ATTUAZIONE DI POLITICHE ABITATIVE A BASSA
SOGLIA DI ACCESSO RIVOLTE A CHI NON HA REDDITO O HA UN REDDITO MOLTO
BASSO

4. LA REQUISIZIONE DEGLI ALLOGGI PRIVATI SFITTI APPARTENENTI AI GROSSI
PROPRIETARI IMMOBILIARI

5. LO STOP DEFINITIVO ALLA VENDITA DEL PATRIMONIO ABITATIVO PUBBLICO
PERCHE’ ALMENO QUEL POCO CHE E’ RIMASTO VENGA MANTENUTO


Vedi l’articolo e ascolta le interviste raccolte durante il presidio su Globalproject.

Dopo lo sfratto la famiglia di Adel e Moufida assieme al collettivo entrano nell’ufficio del sindaco

Ieri pomeriggio, 17/07/2009 alle ore 15.30, è stata sfrattata su mandato di ACER e del comune di Cadelbosco di Sopra, la famiglia residente al numero 4 di piazza Caduti per la Libertà.

Adel è un artigiano, lavora in Emilia come carpentiere dal 1989, la moglie invece è un’infermiera, ora invalida a causa di una brutta malattia che la tiene a casa.
Lui ha costruito il nostro territorio e le case dove ora possiamo vivere, lei ha per anni accudito gli anziani e gli infermi all’interno di strutture sanitarie.

Ma è pericoloso essere artigiani o malati in tempi di crisi, ad esempio può succcedere di essere considerati “non più utili” , e quando non si è più utili può succedere che diritti come l’avere un tetto sulla testa diventino secondari, addirittura scomodi, specialmente per quelli che la crisi, tanto, la fanno pagare agli altri.

Il confermato sindaco di Cadelbosco è responsabile di avere sbattuto in mezzo alla strada due cittadini tra cui una donna in gravi condizioni di salute, ma non c’è da preoccuparsi perchè tutto questo avviene nella perfetta LEGALITA’. Sì, perchè è legale togliere una casa a chi ne è bisognoso, è legale ignorare un certificato medico che raccomanda di non sottoporre un invalido al 60% porti stress, ed è perfettamente normale che le case popolari non servano a alloggiare chi è senza un tetto…oppure no?

Rivendichiamo QUI e SUBITO il diritto a una casa per Adel e Moufida

Dalla risposta del sindaco si nota che sempre piu’ i diritti fondamentali sono un prodotto di elite riservato a chi ha un reddito sufficente per poterseli permettere.

Chiediamo il blocco immediato degli sfratti in case pubbliche fino al rientro della crisi economica.

Denunciamo ACER e giunta comunale per la loro legalita’ violenta che manda una donna malata per la strada. Ed esprimiamo una preoccupazione angosciosa: essendo questo il trattamento che ci si deve aspettare dalle amministrazioni, cosa succederà quando i 16000 lavoratori cassaintegrati di Reggio e provincia si troveranno senza lavoro e senza reddito? Troveranno anche loro un ufficiale giudiziario così zelante da sbatterli per strada?

Sportello per il diritto alla casa.
18/07/2009

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Occupata la casa cantoniera in Via Martiri della Bettola

Lo scorso 1 Maggio avevamo occupato una ex casa cantoniera lungo i viali, ma ci siamo dovuti arrendere davanti all’avanzato stato di abbandono, nel quale lo stabile versa da oltre 25 anni.

Questa mattina il Collettivo Sottotetto ha occupato un’altra casa cantoniera abbandonata in via martiri della Bettola, di proprietà della provincia di Reggio Emilia.

Abbiamo deciso di occuparci di questo stabile prima che subisca la stessa sorte dell’ ex cantoniera in circonvallazione, e per richiamare la pubblica attenzione sull’ immenso patrimonio abitativo destinato alla speculazione edilizia invece che a dare risposta all’emergenza abitativa sempre più diffusa in questi tempi di crisi.

Sono mesi che, complice la campagna elettorale, i professionisti della politica si riempiono la bocca di presunte “misure anticrisi”, mentre in realtà i veri beneficiari di tali misure sono banche e grandi imprese, che per anni hanno incassato i proventi di mutui insostenibili e del lavoro precario/lavoro nero, lasciando solo poche briciole a chi la crisi la paga davvero. Mentre già si parla di nuovi finanziamenti all’edilizia speculativa, attraverso il “piano casa”, nessuno dice che ci sono già migliaia di case sfitte nella nostra città, che è stata definita dalla Direzione Investigativa Antimafia come il portafoglio dei clan delle criminalità organizzate.

Chiediamo al futuro sindaco e alla sua giunta di bloccare tutti gli sfratti dalle case pubbliche, come in suo potere, fino al retrocedere della crisi economica. Chiediamo ai futuri amministratori della provincia, seguendo l’esempio della vicina provincia di Parma, un comodato d’uso per questa casa cantoniera, con utenze a carico del Collettivo Sottotetto, che lo utilizzerà come sportello per il diritto alla casa e come risorsa abitativa per chi ne avrà bisogno, invece che svenderla all’asta come ex patrimonio pubblico.