CARO ASSESSORE TI SCRIVO…

Scriviamo queste poche righe per rispondere alle infelici esternazioni dell’assessore provinciale Fantini il quale,probabilmente in preda ai tipici deliri causati dalla calura estiva, si è pronunciato negli ultimi giorni in merito alla questione dell’imminente sgombero della casa cantoniera di Via Martiri della Bettola.

Tre sono i punti sui quali crediamo di dover assolutamente fare alcune precisazioni, soprattutto per poter dare ai cittadini la possibilità di comprendere ciò che sta succedendo, essendo il tema della vendita del patrimonio pubblico interesse di tutta la collettività:

1. Per prima cosa ci troviamo sconcertati di fronte alle accuse mosse dall’assessore nei confronti di sunia e cgil: è inaccettabile che un amministratore , nel momento in cui viene criticato , risponda denigrando i soggetti che lo criticano . Non sarà che , non avendo spiegazioni plausibili al suo operato, è costretto a ripiegare sulle offese gratuite?

2. Ci troviamo altrettanto sconcertati nel leggere le seguenti parole dell’assessore: “sarebbe interessante conoscere i dati di attività del fantomatico sportello per il diritto alla casa che gli occupanti dichiarano di tener aperto nella casa cantoniera, anche perché non si può accettare che, anziché inserirsi dentro attività già avviate e controllate, vi sia chi abusivamente tenta di occupare spazi in contrapposizione con il pubblico.”

Innanzitutto vorremmo far notare al signor Fantini che i dati riguardanti il lavoro dello sportello, che tanto fantomatico non è, sono stati resi pubblici dal collettivo sottotetto tramite conferenza stampa il giorno 17 marzo 2010 e che sono consultabili da chiunque qui
Ora, da parte dell’amministratore pubblico che dichiara di aver seguito e di conoscere le vicende legate alla casa ed alle attività che vi si svolgono, ci pare un’enorme mancanza l’essersi fatto sfuggire proprio il resoconto di un anno di lavoro dello sportello.
Speriamo vivamente che l’assessore non tratti tutti i temi di sua competenza con la stessa superficialità.
Inoltre ci teniamo a far sapere al signor Fantini che solo una minimissima parte (come avrebbe potuto notare dai dati, se li avesse visti) delle persone che si sono rivolte allo sportello hanno dovuto in seguito scegliere la via dell’occupazione perchè senza altra possibilità .

3. Pensiamo sia vergognoso che un amministratore pubblico si ritrovi a dover dichiarare il falso per giustificare il proprio operato e ci riferiamo al fatto che l’assessore abbia dichiarato di portare avanti le trattative con gli occupanti da un anno. Come già abbiamo detto in precedenza , ripetiamo che c’è stato un unico incontro fra gli occupanti e i rappresentanti della provincia e che dopo quell’incontro sono stati gli stessi rappresentanti della provincia a “far perdere le proprie tracce” per un anno.
Se gli appuntamenti promessi e mai fissati ed il silenzio vengono considerati da Fantini “trattative” speriamo, come sopra, che non tutte le trattative vengano portate avanti in questo modo.

Tre incontri per difendere e costruire un bene comune

MERCOLEDI 14 LUGLIO 21.00  “DIRITTO ALLA CITTA”

Video e dibattiti sui movimenti di lotta per la casa e l’abitare.

MERCOLEDI 21 LUGLIO 21.00  “NE PUBBLICO  NE PRIVATO MA COMUNE”

Incontro per approfondire e discutere gli orizzonti oltre la proprietà privata e la proprietà pubblica.

GIOVEDI 29 LUGLIO     21.00  “FUMETTI DI RESISTENZA”

Incontro con fumettisti che narrano la lotta per la difesa dei beni comuni.

C/O Casa cantoniera “CASA BETTOLA” VIA MARTIRI DELLA BETTOLA  6

Scarica la locandina delle iniziative in formato pdf

CONTRO LO SGOMBERO DI “CASA BETTOLA” – PER LA DIFESA DEI BENI COMUNI

La casa cantoniera di Via Martiri della Bettola è stata occupata dai membri del Collettivo Sottotetto il 2 giugno 2009. Di proprietà della Provincia di Reggio Emilia, la casa era in stato di abbandono da circa 7 anni ed era già stata messa all’asta due volte senza mai essere acquistata.

Nel settembre 2009, dopo tre mesi di lavori di autorecupero, il Collettivo Sottotetto aveva presentato all’attenzione degli assessori provinciali Acerenza (bilancio) e Fantini (politiche sociali) un progetto ed una proposta di “legalizzazione” dello spazio.

Il progetto comprendeva uno sportello per il diritto alla casa, un appartamento di emergenza per donne, uno spazio sociale a disposizione di diverse associazioni ed un orto sociale.

Tutte le attività sopraelencate sono state realizzate nell’arco di quest’anno mentre le trattative con gli assessori provinciali si sono interrotte a causa degli assessori stessi che dopo aver promesso un secondo incontro di discussione non si sono più fatti sentire.

Durante l’anno di funzionamento della “Casa Bettola” diversi soggetti ed associazioni cittadine che si occupano della difesa dei beni comuni hanno utilizzato lo spazio come ritrovo e come sede per l’organizzazione di eventi che, fra gli altri, hanno visto la partecipazione di assessori, funzionari pubblici, dirigenti di ACER.

Da parte sua la Provincia, dopo un anno di silenzio, si è fatta viva telefonicamente il 30 giugno 2010 tramite l’assessore Acerenza per intimare agli occupanti l’uscita immediata dallo stabile in quanto lo stesso è stato rimesso all’asta e l’eventuale introito messo a bilancio alla voce “manutenzione scuole”.

Ancora una volta quindi ci troviamo di fronte all’ennesimo caso di svendita del patrimonio pubblico sul territorio cittadino, in perfetta sintonia con le politiche governative di privatizzazione che ormai ogni aspetto della vita sociale: dall’acqua all’istruzione,
dalla sanità alle case popolari, fino al consumo del territorio a favore del cemento e della speculazione.

Troppo spesso ormai le amministrazioni pubbliche si comportano come aziende, valutando il solo valore di mercato dei beni, considerandoli come pura merce, senza tener conto del valore d’uso che questi beni hanno e, in casi come quello della casa cantoniera, ignorando prima di tutto il valore sociale acquisito dall’immobile grazie alle attività ed ai servizi che al suo interno vengono svolti.

Oggi un luogo come la “Casa Bettola” diventa simbolo degli abusi sul territorio e delle politiche miopi di chi amministra il territorio ed è proprio in difesa di tutto quello che rappresenta questo spazio che le associazioni ed i soggetti che lo agiscono e lo vivono oppongono all’intimazione della Provincia il loro netto rifiuto di abbandonare lo stabile e la volontà di continuare a farlo funzionare al servizio della comunità a cui da un anno è stato restituito, comunità che è l’unica legittima proprietaria di questo bene.

Come soggetti promotori invitiamo tutti i cittadini, le associazioni e le realtà cittadine che si riconoscano nel valore della difesa dei beni comuni a partecipare all’assemblea pubblica che si terrà presso la Casa Cantoniera di Via Martiri della Bettola nr.6 MARTEDI’ 13 LUGLIO a partire dalle ORE 21.00

Collettivo Sottotetto – Associazione Ya Basta! – Alternativa Libertaria – Animali Sociali – Laboratorio Quarto Stato

Ascolta le interviste con i soggetti promotori su Globalproject

Leggi il comunicato di CGIL Provincia e S.U.N.I.A

Per adesioni e contributi: collettivosottotetto@libero.it

Emergenza abitativa: blocco dello sgombero per gli abitanti di S.Alberto

Questa mattina un gruppo di una ventina di attivisti del collettivo Sottotetto ha presidiato le case parrocchiali di S.Alberto a Reggio Emilia.

Qui vivono infatti 13 persone, in prevalenza immigrati nordafricani, che rischiano di essere lasciati senza una soluzione abitativa a causa dei lavori di ristrutturazione necessari all’adeguamento delle strutture alle normative vigenti.

Il collettivo Sottotetto, contattato dagli abitanti stessi, è stato presente dalle ore 9.00 per impedire che l’ennesimo sgombero di
persone in difficoltà abbia luogo; le persone che vivono nel dormitorio parrocchiale, pur essendo grate alla Chiesa per l’ospitalità, non vogliono rinunciare ad un diritto basilare come quello di avere un tetto sulla testa e hanno richiesto un tavolo di trattativa alla presenza del Vescovo, dell’assessore alle politiche sociali Matteo Sassi e dei responsabili del dormitorio.

La giornata si è conclusa con un incontro con il parroco che ha dato la disponibilità ad ospitare ancora gli abitanti, in attesa di trovare una soluzione dignitosa.

La lettera degli abitanti:

Come abitanti delle case parrocchiali di S Alberto ringraziamo Don Eluterio  Agostini del suo buon cuore per averci ospitato per tutti questi anni, consapevoli che con l’ingresso nella comunità del nuovo parroco Don Pietro Adani la casa da noi abitata deve essere lasciata libera.

Ringraziando Don Pietro che concedeva a ottobre una proroga per l’emergenza freddo e incaricando il Sig. Daniele Marchi per trovare una soluzione, ma l’operato di questo volontario professionista si è delineato in false promesse, in forme di razzismo e minacce per sgomberare i locali.

Pur essendoci impegnati singolarmente a trovare soluzioni alternative dignitose per la persona umana, dopo aver chiesto aiuto agli enti preposti, ci troviamo solo ed esclusivamente promesse e parole non veritiere.

Oggi abitiamo ancora nei locali parrocchiali, non avendo  trovato una sistemazione degna di persone umane che lottano per
difendere la propria dignità e senza andare ad infoltire la folta popolazione dei senza tetto.

Oggi 19 giugno ci è stato intimato di lasciare le abitazioni, sé questo non  avverrà volontariamente  interverranno le forze dell’ordine.

Sarà nostro dovere lasciare libere le abitazioni non appena troviamo una locazione dignitosa, per questo chiediamo l’apertura di un tavolo di discussione tra l’amministrazione Comunale, Don  Pietro ed il Vescovo Adriano Caprioli per non ridurre un problema sociale che coinvolge buona parte della città in un problema di ordine pubblico.

Certi del vostro buon cuore cristiano e umanitario

Porgiamo distinti saluti

Gli abitanti delle case
parrocchiali di S.Alberto

Comunicato del collettivo Sottotetto:

La storia che ci raccontano “le 13 persone in cerca di casa” della residenza parrocchiale S. Alberto è, purtroppo, storia di molte e molti. Il tempo che stiamo vivendo produce giornalmente schiere di espulsi dai diritti di cittadinanza , in cima alla lista, per gravità, il diritto ad una casa.

Le istituzioni che governano il territorio ed i suoi abitanti preferiscono investire il loro impegno ed il nostro denaro in grandi
opere inutili od in altrettanto inutili eventi culturali di facciata , delegando nel frattempo la pratica dell’accoglienza e della soluzione ai problemi sociali contingenti al volontariato , fra cui quello cattolico legato alla chiesa.

Basti pensare che nella nostra città la quasi totalità dei servizi dormitorio è affidata alla Caritas.

Non è nostra intenzione entrare nel merito delle ragioni che spingono un parroco, la sua parrocchia o le realtà legate alla chiesa, a dover allontanare persone che finora nei loro spazi hanno trovato appoggio e riparo. Non è nostra intenzione perchè pensiamo che in ogni caso, in un paese “civile”,  non debba spettare a loro occuparsi delle situazioni di emergenza ma alle istituzioni di un Comune che invece è sempre meno comune e sempre più privato, specialmente quando si tratta di scegliere quali interessi difendere.

Il punto è che noi non vogliamo trovarci, in caso di bisogno,  in balìa della inevitabile discrezione che caratterizza il lavoro volontario:  sia esso pericolosamente legato ad un’istituzione religiosa o ad un’associazione laica. Un diritto fondamentale come quello alla casa non può e non deve dipendere dalla disponibilità o dall’arbitrio di chi si dedica all’accoglienza per tappare i buchi lasciati da chi dovrebbe avere la responsabilità di occuparsi della sistemazione di chi non può trovare altre soluzioni.

A maggior ragione in periodo di crisi economica non possiamo accettare che chi ha elemosinato voti utili a garantir loro privilegi
di ogni sorta non si spenda per garantire ad ognuno i presupposti necessari ad una vita degna, primo fra tutti un’abitazione dignitosa.

Progetto di autorecupero in Via Compagnoni

Oggi denunciamo l’ennesima devastazione da parte di ACER con mandato del Comune di Reggio Emilia di un appartamento di via Compagnoni, vuoto solo da qualche mese. Chiediamo se questo rientra nel piano di “riqualificazione” del quartiere, piano approvato nel lontano 1998, che consiste nell’ abbattere oltre 200 alloggi pubblici per ricostruirne appena 80 pubblici ed 88 privati. Già allora questo progetto ha creato malcontento all’interno del quartiere per la distruzione di un tessuto sociale ed una solidarietà costruita in piu’ di 40 anni di convivenza tra gli abitanti di Conmpagnoni, delocalizzandoli in altre zone della città.

Dal 1998 a oggi piu’ di un centinaio di questi appartamenti sono rimasti abbandonati e mai piu’ assegnati a chi era in graduatoria, ed inoltre, nonostante la precedente Giunta Comunale tramite l’ex Assessore alla casa Carla Colzi avesse dichiarato che questi appartamenti servivano per far fronte ad eventuali emergenze , oggi possiamo notare che oltre a non assegnarli si spendono soldi pubblici per renderli inabitabili devastandoli.

In questi anni è cambiato radicalmente il contesto economico e sociale della città: la crisi economica e la cementificazione
selvaggia impongono scelte diverse da parte della Amministrazione; è urgente dare risposte abitative che diano autonomia alle famiglie senza reddito o con un reddito intermittente, perchè chi perde il lavoro viene espulso in silenzio dallo status di cittadino.

Il Collettivo Sottotetto oggi, con la preziosa partecipazione dell’architetto Chiara Valli, presenta un progetto pilota di autorecupero che ci vedrà impegnati proprio nella riqualificazione di quest ultimo ed ennesimo appartamento devastato e la sua restituzione alla comunità sottoforma di abitazione popolare.

La restaurazione di un appartamento ha un prezzo di mercato che varia dai 1000 ai 1200 euro al metro quadro, il nostro progetto prevede una spesa massima di 300 euro al metro quadro.

L’autorecupero è una pratica edilizia sostenibile sia dal punto di vista sociale che economico: permette di recuperare il
patrimonio edilizio pubblico attraverso progetti che coinvolgono direttamente le famiglie in emergenza abitativa che prestano la loro manodopera, abbattendo in questo modo i costi generali dell’intervento.

La crisi economica che ha colpito soprattutto il mondo dell’edilizia, ha lasciato senza casa e lavoro molte persone impiegate
nei cantieri: queste persone e le loro famiglie sono i soggetti ideali per partecipare a un progetto di autorecupero che permetterebbe di risolvere il loro problema abitativo e offrirebbe un’opportunità di formazione di competenze specifiche in questo campo e la costituzione di una struttura che potrebbe affiancare altri interventi di questo tipo, creando anche la possibilità di un reddito. Attraverso la pratica dell’autorecupero è possibile riqualificare un quartiere degradato, mantenendo il tessuto sociale esistente e dando valore all’edilizia pubblica.

Le misure contro la crisi adottate dalla Provincia e da S.U.N.I.A., attraverso un finanziamento della Fondazione Manodori hanno messo a disposizione dei proprietari di case che si impegnavano a non sfrattare i loro inquilini 300.000 euro: questo fondo non è stato utilizzato e la misura adottata si è quindi dimostrata inefficace, anche perchè costituisce solo un rinvio del problema. La proposta di realizzare un progetto di autorecupero può essere invece una risposta concreta all’emergenza abitativa che sta colpendo una fascia sempre più estesa di abitanti: il finanziamento stanziato potrebbe essere investito per un progetto pilota nel quartiere Compagnoni che potrebbe essere esteso ad altri edifici e quartieri della città.

Scarica il progetto di autorecupero: Appartamento_48mq.pdf

Scarica esempi di costi di autorecupero e autocostruzione: Esempi di costi.pdf

Terzo incontro sul diritto all’abitare – Autorecupero e Autocostruzione

L’autorecupero e l’autocostruzione – pratiche edilizie sociali e sostenibili
Un confronto aperto tra le modalità organizzative, tecniche ed economiche messe in atto nelle esperienze di autorecupero ed autocostruzione avviate in alcuni comuni italiani con l’obiettivo di recuperare e integrare il patrimonio edilizio pubblico con interventi di partecipazione diretta da parte dei futuri abitanti. L’incontro approfondirà i temi della collaborazione tra l’amministrazione e le associazioni temporanee di scopo finalizzate alla realizzazione degli interventi, della formulazione dei bandi di partecipazione ai progetti e delle risorse necessarie per offrire una soluzione abitativa a una fascia di cittadini esclusa dai prezzi del mercato immobiliare, delle competenze e delle tecniche messe al servizio di questi interventi.

Programma dell’incontro:

h 17:00 “Mente locale – gli obiettivi sociali ed economici di un progetto di autorecupero a Reggio Emilia” Introduzione dell’arch. Chiara Valli e del Collettivo Sottotetto

h17:20 “Presentazione del progetto di autorecupero promosso dal comune di Bologna”Marzia Casolari, presidente dell’assoziazione di promozione sociale Xenia, Bologna, Marco Gargiulo, Consorzio abn – a&b network sociale di Perugina, Gabriella Monti, Asia Rdb, Bologna

h18:00 “Tecniche e modalità operative in progetti di autocostruzione realizzati” Marco Gargiulo, Consorzio abn – a&b network sociale di Perugina

h18:30Interventi dei partecipanti

1 maggio 2010: contro sfratti, licenziamenti e precarietà – per reddito e diritti!

Gli 80 sfratti a settimana in rapporto alle 80 assegnazioni all’anno di case popolari, dimostrano come le politiche abitative in questa città siano inadeguate all’emergenza esistente.

I 23.000 disoccupati in città, senza un contratto di lavoro, non si possono iscrivere alle graduatorie per le case popolari e le misure anticrisi pubblicizzate dal Comune di Reggio Emilia ,come gli affitti calmierati o l’agenzia per l’affitto, sono accessibili solo per chi ha un contratto di lavoro.

Chi subisce l’esecuzione del pignoramento o dello sfratto, dopo 6 mesi perde anche la residenza, perdendo così i diritti di cittadinanza, primo fra tutti la possibilità di rivolgersi al servizio sociale.

Di fatto migliaia di persone stanno subendo un’ espulsione coatta, dopo decine di anni di lavoro sul territorio e nonostante abbiano costruito qui la propria vita e i propri affetti, dopo aver contribuito alla crescita della città , sono obbligati a tornare nei luoghi di origine, siano essi in altre parti d’Italia o in altri paesi.

Scendiamo in piazza per dire che la crisi la devono pagare i palazzinari e le agenzie immobiliari, che grazie alla liberalizzazione del mercato dell’affitto hanno rubato milioni di euro, con affitti che superano il 50% di un salario medio.

La crisi la devono pagare le banche che grazie l’aumento degli affitti, hanno offerto mutui a tasso variabile con rate mensili più basse degli affitti a libero mercato, vendendo l’illusione ai malcapitati di possedere una casa. Nel corso degli anni le rate sono aumentate e chi ha fatto il mutuo si è trovato improvvisamente non più proprietario di una casa ma di un debito a causa del quale perderà l’abitazione.

Scendiamo in piazza perché siamo contro la logica del governo di questa città che, per “risolvere” la crisi, continua a regalare soldi pubblici o appalti per riqualificazioni squallide ad aziende amiche o a palazzinari.

Scendiamo in piazza perché siamo contro la logica di chi per uscire dalla crisi vuole espellere dalla città chi oggi ha perso il lavoro, perché considerato un peso per le casse del comune.

Scendiamo in strada perché vogliamo:

– IL BLOCCO GENERALIZZATO DEGLI SFRATTI

– L’ISTITUZIONE DI “UNA VIA DEL COMUNE” DOVE CHI HA PERSO L’ALLOGGIO POSSA MANTENERE LA RESIDENZA

– L’ATTUAZIONE DI POLITICHE ABITATIVE A BASSA SOGLIA DI ACCESSO RIVOLTE A CHI NON HA REDDITO O HA UN REDDITO MOLTO BASSO

– LA REQUISIZIONE DEGLI ALLOGGI PRIVATI SFITTI APPARTENENTI AI GROSSI PROPRIETARI IMMOBILIARI

– LO STOP DEFINITIVO ALLA VENDITA DEL PATRIMONIO ABITATIVO PUBBLICO PERCHE’ ALMENO QUEL POCO CHE E’ RIMASTO VENGA MANTENUTO

Vedi l’articolo su global project: per un primo maggio 2.0

Bloccato il quinto sfratto esecutivo a Cadè

Sfratto rinviato ancora un mese

Dalle prime ore di questa mattina i componenti del Collettivo Sottotetto – Sportello per il Diritto alla Casa hanno presidiato la casa di via Giordano Bruno a Cadè insieme alle famiglie sotto sfratto. Era previsto per oggi, infatti, il quinto accesso per l’esecuzione effettiva dello sfratto per una delle famiglie abitanti nella palazzina, famiglia con tre bambini molto piccoli per la quale nessuna soluzione abitativa è stata proposta dagli organi competenti.La palazzina è di proprietà di un unico privato che possiede almeno altri 30 appartamenti.

Di fronte alle venti persone che presidiavano la casa l’ufficiale giudiziario e l’avocato del proprietario della casa hanno deciso di rinviare lo sfratto un mese, al lunedì 26 aprile. Data in cui saremo di nuovo presenti per impedire lo sfratto.

Lo sfratto che abbiamo bloccato oggi è uno dei tanti (80 a settimana a Reggio Emilia) a dimostrazione che le varie uscite fatte dai rappresentanti delle amministrazioni comunale e provinciale sui media negli ultimi tempi, a proposito dei raggiunti accordi sul blocco degli sfratti a fronte della crisi, erano solo operazioni pubblicitarie o campagna elettorale.

Per quanto riguarda la locazione privata nessun accordo è stato raggiunto fino ad ora e di fatto gli unici a bloccare realmente le esecuzioni di sfratto per ora siamo noi, con i nostri corpi e la nostra determinazione.

Continueremo a contrastare la politica che privilegia la rendita a scapito dei diritti dei cittadini e non smetteremo di costruire azioni di blocco fino a quando le amministrazioni non useranno realmente i poteri loro conferiti per far fronte, anche con la requisizione degli innumerevoli alloggi sfitti che abbiamo in città, all’emergenza abitativa che
sta colpendo centinaia di persone senza prospettiva di miglioramento.