BLOCCATO IL TENTATIVO DI ISOLARE IL PALAZZO 39-41 DI VIA COMPAGNONI DALLA CORRENTE ELETTRICA

Il sindaco al mare e alle famiglie toglie il diritto all’abitare

Giovedì 7 agosto, verso le 8.30 del mattino, mentre buona parte di noi era al lavoro, il Comune ha inviato dei tecnici ENEL con una gru per staccare la corrente ai civici 39 e 41 di via Compagnoni. In quel palazzo vivono attualmente 5 famiglie (fra cui 5 bambini) che, a partire dall’anno scorso hanno deciso di autoassegnarsi gli appartamenti che l’Acer ha lasciato sfitti e abbandonati in attesa della grande opera di “riqualificazione” e abbattimento che minaccia tutto il quartiere Compagnoni. L’hanno fatto perchè erano state sbattute su una strada nella totale indifferenza di Comune e servizi sociali, e sulla strada torneranno se i piani speculativi del Sindaco Delrio andranno in porto.

Oggi come allora i referenti e responsabili politici per l’emergenza abitativa in città si guardano bene dal dare anche il minimo segnale di voler rispondere seriamente del loro operato, delegando la gestione degli sgomberi al comandante della polizia municipale affiancato da qualche asistente sociale, muniti di ridicole proposte inaccettabili: divisioni famigliari, assegni per biglietti di rimpatrio, ostelli a 16 euro a persona per famiglie con due bambini e altre ipocrite finzioni di mediazione. Mentre i mandanti politici degli sgomberi si nascondono al mare e delegano alla pubblica sicurezza una questione eminentemente politica e sociale. Su Compagnoni si sprecano decine di pagine di giornale, tutte per dare un’apparenza di riqualificazione sensata e a favore del cittadino, ma in nessuna di quelle pagine si parla della diminuzione degli alloggi pubblici, della sparizione degli spazi comuni e delle famiglie “sacrificabili” nell’opera di modernizzazione che investirà il quartiere.

Noi come Collettivo Sottotetto, essendoci resi conto di avere a che fare con gente che non sa e non vuole fare il proprio mestiere, abbiamo proposto una soluzione per le emergenze cui stiamo andando incontro: assegnare alle famiglie alcune delle 120 case sfitte ancora presenti in quartiere.Sono case vuote e non in fase di assegnamento, quindi non chiediamo di scavalcare nessuna graduatoria Acer. E comunque noi siamo disposti ad autorecuperarea a nostre spese e con il nostro lavoro anche quegli appartamenti che sono stati devastati dagli stessi tecnici dell’Acer per evitare possibili occupazioni. Di sicuro gli appartamenti con i bagni e le finestre devastati per ordine del Comune stesso non pensavano di assegnarli a nessuno. Non vogliamo sottrarre case a chi è in graduatoria, ma aprirne e aggiungerne altre, e puntare il dito sulle ipocrisie e le lacune dell’edilizia popolare reggiana.

Ma nemmeno quando arrivano proposte dall’esterno i nostri eroi sono in grado di prendersi un minimo di responsabilità o, quantomeno, di prendere posizione. Se non vogliono accettare la nostra proposta e andare avanti con lo sgombero manu militari, che avessero almeno la decenza e la chiarezza di esternare e difendere la posizione presa e che si facessero carico per una volta di una responsabilità che è loro e soltanto loro, che spiegassero perchè le case pubbliche a Reggio Emilia vengono abbandonate, devastate e infine vendute all’asta o abbattute e perchè negli anni che mancano prima dell’abbattimento non possono trovarvi riparo le famiglie sotto sfratto o sgombero.

E le famiglie senza casa non siamo solo noi, in questa città. Noi semplicemente abbiamo deciso di organizzarci per far fronte alla situazione in maniera comune e di riprenderci quello che ci hanno tolto, consapevoli del fatto che sono migliaia oggi le persone con lo stesso problema a Reggio Emilia. E’ per questo che le nostre rivendicazioni e le nostre denunce pubbliche non sono solo per noi ma sono per tutte e tutti, perchè le cose possano cambiare e le persone possano finalmente veder garantito e tutelato il diritto ad un abitare dignitoso.

Qualsiasi cosa succederà in via Compagnoni nelle prossime settimane, facciamo presente fin da ora che la totale e piena responsabilità sarà del sindaco Graziano Delrio, che da un bagnoasciuga qualsiasi ordina ai suoi scagnozzi di togliere le case a chi non ha alternativa senza nemmeno sporcarsi le mani, con la testa soto la sabbia di una qualche località turistica, per non dover affrontare l’imminente campagna elettorale con troppe macchie su quell’immagine stucchevole del bravo e buon padre di famiglia che a tutti i costi ha cercato di farci ingoiare.

vedi l’articolo su globalproject

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Habitat Via Compagnoni 2008

Riteniamo che sia molto grave che l’amministrazione, invece di implementare il numero di case popolari, addirittura le demolisca. Riteniamo altrettanto grave che si intenda distruggere il patrimonio storico e culturale che via Compagnoni rappresenta.

Sembra un inquietante delirio di onnipotenza questa tendenza a distruggere e ricostruire di sana pianta i luoghi storici e nevralgici della città, invece che assecondare la loro storia e restituirla attraverso meno spettacolari e più modesti interventi di restauro alle esigenze del contemporaneo. Sembra un inquietante paradosso il fatto che in una città che tanto ha affidato al concetto di memoria storica, l’amministrazione finga di non sapere che “la storia” si svolge in luoghi fisici e concreti, e sedimenta, si stratifica, e se si cancella un luogo, si uccide anche un po’ della storia che in quel luogo si è svolta E la storia e le storie che noi abbiamo incontrato in via Compagnoni ci hanno fatto capire molte cose, e si sono inestricabilmente intrecciate con i nostri percorsi politici.

Ci siamo resi conto, abbiamo provato sulla nostra pelle, quanto l’architettura influenzi le vite e le storie che percorriamo. Perché nel mondo ci si sta con il corpo, e i corpi si muovono, si incontrano, si riposano sulle panchine e chiacchierano la sera. Perché i bambini corrono e le madri li sorvegliano dal balcone, perché i vecchi guardano dalle finestre e i loro occhi vedono vita vera, perché al ritorno dal lavoro a volte ci va di prendere il caffè dalla vicina. Perché nel cortile comune qualcuno si è innamorato e qualcun altro ha parlato male dei vicini. E poteva farlo perché li conosceva.

Questo ci ha insegnato via Compagnoni. Che il punto non è il diritto alla casa, a quattro mura intorno a un corpo, ma il diritto all’ abitare, in un luogo, in un contesto, in una storia. Nella croce e delizia delle relazioni umane. E’ questo il patrimonio che vogliamo salvare.

Un patrimonio gratis, perché non monetarizzabile, ma non per questo meno prezioso o facile da ricostruire una volta distrutto. Non sono solo delle mura ciò che vogliono abbattere in via Compagnoni, sono le relazioni umane che si sono create nel corso dei decenni, rese possibili da quel tipo di urbanistica a misura d’uomo e dagli uomini e dalle donne che hanno dato vita a quel luogo intrecciando storie, contraddizioni e progetti. Ci sembra immensamente più prezioso di qualsiasi megaponte griffato o pavimentazione di lusso del centro storico.

1 MAGGIO 008

PER UNA GIORNATA DI LOTTA 
A REGGIO EMILIA! 

 
 

Reggio Emilia ha visto negli ultimi anni uno sviluppo edilizio
spropositato, milioni di metri cubi di cemento, decine di migliaia di
case.

Basta guardarsi intorno girando per la
città, senza un occhio particolarmente attento, senza nessuna
particolare sensibilità. Basta guardare.

Ma siamo qui per parlare del primo
maggio, il primo maggio di mobilitazione lanciato dall’associazione
Città Migrante, e cosa c’entrano le case, cosa c’entra
l’edilizia con i migranti?

Andiamo a vedere, facciamoci qualche
domanda, proviamo a darci qualche risposta.

CHI COSTRUISCE IN QUESTA CITTÀ?

Materialmente, oggi, in questa città
chi costruisce sono i migranti, preferibilmente senza permesso di
soggiorno in modo da poter essere più ricattabili, e
preferibilmente, ma va da sé, con l’acqua alla gola e disposti
quindi a lavorare tanto per ricevere poco,quando non addirittura
niente. Come si dice: minima spesa, massima resa.

PERCHÈ SI COSTRUISCE IN
QUESTA CITTÀ?

Sicuramente lo scopo di tanto gettar
cemento non è garantire il diritto ad un’abitazione degna, ad
una casa, alla popolazione . Ci sono più case che famiglie
residenti ma ci sono anche famiglie senza casa. Che non sia
speculazione? Che non sia rendita? Che non si vogliano usare le
costruzioni a mo’ di cassaforte per custodire gli investimenti di
chi nelle banche non può confidare? Non sarà, come
diceva il famigerato slogan, che “l’economia gira con te?”

CHI CI GUADAGNA?

A guadagnare sull’anomalia edilizia
reggiana sono sicuramente in tanti: costruttori, mafiosi ,
amministrazioni conniventi…

Chi invece non ci guadagna è la
manovalanza sfruttata, i lavoratori usa e getta, quelli che ci si può
anche permettere di non pagare, gli esseri umani a progetto, le
persone a tempo determinato.

Chi non ci guadagna sono tutti quelli
che non si possono e non si potranno mai permettere una casa ai
prezzi spropositati che raggiungono le abitazioni in questa città,
chi non fa parte dell’eccellenza reggiana, compresi naturalmente
coloro che le case le costruiscono.

MA IN TUTTO QUESTO COSTRUIRE, SOTTO
QUESTO CIELO CHE ORMAI VEDIAMO SOLO ATTRAVERSO I FERRI DELLE GRU,
QUANTE CASE PUBBLICHE STANNO SORGENDO?

Non ci si crederà, ma nessuna
casa pubblica sta sorgendo sotto il nostro cielo.

Se ne stanno demolendo, se ne stanno
distruggendo a suon di martellate con brillantissime operazioni
“antiabusivi” (ma siamo sicuri che gli abusi stiano proprio lì
dove dall’alto cercano di farci guardare?) ma l’edilizia pubblica non
è più contemplata nell’agenda politica: yes, we can!
Possiamo eliminare ogni traccia di casa popolare.

QUAL’È IL RUOLO DELLE
ISTITUZIONI IN TUTTO CIÒ?

Le istituzioni giocano ruoli
fondamentali nella riuscita di questi piani:

– approvano piani regolatori criminali
che prevedono calate di milioni di metri cubi di cemento su un
territorio che dovrebbe essere bene comune

  • eliminano l’edilizia pubblica per
    aiutare i privati nel loro scopo di raggiungere il monopolio totale
    del bene casa

  • promuovono campagne del terrore
    contro gli immigrati senza permesso di soggiorno

  • si fanno paladini della legalità
    che, tradotto in soldoni significa utilizzare le leggi
    “anticlandestino” come mezzo per mantenere schiavi i lavoratori
    utili e condannare qualsiasi atto di riappropriazione da parte di
    chi è stanco di non avere una casa (al secolo i
    pericolosissimi occupanti )

COSA POSSIAMO FARE NOI PER CAMBIARE
LE COSE?

 

Possiamo ripartire dal basso, possiamo
unirci con tutti quelli che da queste operazioni non hanno nulla da
guadagnare, lavoratori migranti, precari italiani, senza casa.

Possiamo ricominciare a prenderci
quello che ci hanno tolto e quello che non abbiamo mai avuto.

Possiamo essere in piazza

tutti e tutte


il primo maggio a Reggio Emilia!

 

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IL SOTTOTETTO ALL’ASSESSORATO ALLA CASA

CONSEGNATE OLTRE 200 FIRME RACCOLTE IN SOLI TRE GIORNI

PER “DENUNCIARE” PUBBLICAMENTE L’ASSESSORE E TUTTA LA GIUNTA

DI DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO

Questa mattina verso le 11.30 alcuni membri del collettivo sottotetto
si sono presentati nell’ufficio dell’assessorato alla casa, retto da
Carla Maria Colzi di Rifondazione Comunista, per denunciare la
vergognosa devastazione del bene comune messa strategicamente in atto
nelle case popolari del quartiere compagnoni
, dove Comune e ACER
continuano a inviare i loro manovali per sfasciare i sanitari e gli
infissi
(vetri, porte, finestre) degli appartamenti vuoti allo scopo di
renderli inagibili per chi si trovi in stato di necessità.
Operazione
che tra l’altro viene svolta in palazzi che sono ancora abitati da
alcuni nuclei famigliari con evidenti conseguenze nell’ambito della
sicurezza e del degrado strutturale degli edifici.

Tutto questo
dopo che un anno fa, lo stesso assessore aveva dichiarato che “gli
appartamenti sfitti di via Compagnoni vengono tenuti liberi per
rispondere ad eventuali situazioni di emergenza abitativa,
per questo
sono al momento inutilizzati” .

Sono state raccolte da lunedì 7 ad
oggi, tra cittadini di reggio, dentro e fuori dal quartiere, centinaia
di firme per denunciare simbolicamente assessore e giunta comunale per
“devastazione e saccheggio del bene comune”, si richiede il massimo
della pena, che per il suddetto reato è pari a 15 anni di reclusione,
commutato in eguale periodo di interdizione ad ogni funzione pubblica
per chi prima distrugge e poi lucra su un bene pubblico costruito e
pagato col sudore dei cittadini.

Il vergognoso progetto di
“riqualificazione edilizia” del quartiere compagnoni è in realtà solo
una facciata che nasconde un piano di speculazione per milioni di euro,
e che vede demolito il patrimonio immobiliare pubblico, per lasciare
spazio a edilizia privata ad altissimo profitto visto il valore
immobiliare dell’area Canalina
, vicino alla campagna ma anche ad un
passo dal centro e da tutti i servizi. Una speculazione che vede
chiaramente collusi giunta comunale ed imprese edili in un circolo che
ha i connotati di una vera e propria mafia reggiana.

Tutto questo
mentre ogni giorno a Reggio Emilia e in ogni parte d’Italia (Roma,
Trieste, Firenze, Napoli, Milano e molte altre) vediamo un’impennata
dell’emergenza abitativa legata alla precarietà capillare del nostro
sistema e al cappio sempre più stretto del carovita, complici anche le
banche e i loro mutui a tasso variabile.

Ci chiediamo come in un
momento del genere, in una città che pretende di definirsi di centro
sinistra le sfere della politica si permettano di distruggere
l’edilizia popolare e in genere privatizzare ogni bene comune (acqua,
gas, energia, case, rifiuti) per riempire le proprio tasche o
semplicemente le loro poltrone.

Il collettivo sottotetto si propone
di recuperare le case pubbliche abbandonate a marcire e di far rivivere
un quartiere che è un pezzo di storia di questa città attraverso una
socialità reale e dal basso. Solo un quartiere vissuto può essere
sicuro per chi lo vive, famiglie, anziani, bambini e giovani
.

- ascolta l’intervento di Daniele del collettivo Sottotetto
[ audio ]
- galleria fotografica

LA DEVASTAZIONE DI COMUNE E ACER

VENERDì 4 APRILE 2008 – DEVASTAZIONE DELLE CASE PUBBLICHE

Il pomeriggio del 4 aprile ACER e Comune hanno mandato alcuni operai a distruggere gli
interni degli appartamenti sfitti e non assegnati di via Compagnoni,
partendo dal numero 39 dove ancora stanno abitando alcune famiglie.
Quando alcuni appartenenti al collettivo
sottotetto insieme ad alcuni abitanti “regolarmente assegnatari” hanno
chiesto spiegazioni su ciò che stava accadendo ricordando che
l’edilizia erp è un bene pubblico, la risposta è stata far arrivare tre
volanti dei carabinieri e cinque della polizia, identificare tutti i
presenti e impedire al fotografo della Gazzetta di Reggio (uno dei
quoridiani locali) di documentare lo stato degli appartamenti .”Ma se
sono così convinti di essere nel giusto, cos’hanno da
nascondere?”-afferma Chicca del Collettivo Sottotetto- abitante in una
casa occupata in quella via che era vuota da più di dieci anni.
Gli
appartamenti sfitti del quartiere (130) non vengono assegnati in attesa
di demolizione che però dovrà avvenire nel 2011, e sarà effettuata per
lasciare spazio a costruzioni private.
L’assessore alla casa Carla
Colzi, di rifondazione comunista, ha dichiarato ai giornali che gli
operai stavano demolendo costruzioni abusive all’interno degli
appartamenti ed ha minacciato gli attivisti del sottotetto di querela
per diffamazione quando, riportando un articolo apparso l’estate scorsa
su un quotidiano locale, hanno citato le parole dello stesso assessore
che in quella occasione affermò: “quelle case sono vuote per poter
essere utilizzate in caso di emergenza”.
Sono state distrutti
infissi, porte, finestre e sanitari. Continua Chicca del collettivo:
“Fanno schifo, invece di assegnare le case a chi ne ha bisogno come le
famiglie rom che sono state sgomberate ieri da una casa abbandonata
occupata per necessità, le demoliscono per fare spazio a edilizia
privata e le distruggono prima internamente per evitare che qualcuno
possa riappropriarsene esercitando il proprio diritto all’abitazione. E
in più non hanno nemmeno il coraggio di dire la verità su quello che
stanno facendo”.

SABATO 29 MARZO ORE 17 ALLA GABELLA DI VIA ROMA

 MA LE CASE NON SONO FATTE PER ESSERE ABITATE?

Girando per questa città si ha come l’impressione che qualcuno, qualche aliena soggettività, stia colonizzando il territorio . E’ come se ci fossero marziani con sperma di cemento che stanno inseminando la nostra terra per farle partorire figli con infissi di pregio. Riprendendo i Partigiani Urbani si potrebbe parlare di “invasione degli ultracorpi”, riferendosi alle centinaia di gru che ogni giorno vediamo apparire in ogni luogo.

In questo contesto, tralasciando la non secondaria questione ambientale, non dovrebbe esistere la preoccupazione “casa” intesa come possibilità di avere un tetto certo sulla testa. Essendo minimamente pragmatici verrebbe da pensare che se non esiste più un metro libero non occupato da costruzioni edilizie, peraltro con destinazione d’uso abitativa, allora non dovrebbero neanche esistere persone senza casa. Viene da porsi la domanda: “ma le case non sono fatte per essere abitate?” La risposta è scontata nel fantastico mondo dei diritti e del divieto di speculazione, ma non lo è nel nostro: le case rimangono vuote, i prezzi continuano a salire.

Un’altra considerazione che dovrebbe essere scontata è che se si posano milioni di metri cubi di cemento , una parte sicuramente sarà edilizia pubblica, case fatte per rispondere alla necessità abitativa di tutti i cittadini che, senza dover dare giustificazione alcuna, non possono accedere al mercato privato o, comunque aggiungeremmo (consapevoli di trovare poco appoggio) , non possono esservi obbligati per un bene necessario come l’abitazione. Anche in questo caso abbiamo la dimostrazione che le considerazioni logiche non trovano cittadinanza a Reggio Emilia perchè le case pubbliche vengono abbattute o vendute e, genialità , si comincia a parlare di edilizia convenzionata e affitti calmierati , relegando a queste categorie il nuovo concetto di “edilizia sociale”, che di sociale ha solo l’impatto negativo.

Andiamo a vedere perchè:

1- non si tratta di edilizia pubblica, la proprietà è privata.

2-la costruzione di alloggi che saranno convenzionati a tempo o l’abbassamento della quota affitto per le famiglie vedono l’impiego di denaro pubblico che sarà a fondo perduto, visto che non prevederà un aumento del patrimonio edilizio comune.

3- Gli interventi in questione, a causa anche della loro irrisorietà, non incideranno sul prezzo degli affitti ma anzi, contribuiranno a mantenerli stabili sulle medie vergognosamente alte che caratterizzano la nostra città.

4- Gli alloggi convenzionati a tempo verranno costruiti con una deroga del 5% in più rispetto al piano regolatore che già è un prg da collasso ambientale.

5-Le false soluzioni di questo tipo sono funzionali solo alle logiche di accumulazione e speculazione , ma non propongono nessuna soluzione seria, sensata e a lungo termine per l’emergenza abitativa che stiamo vivendo e che, da previsioni ormai universalmente accettate, non farà che peggiorare.

 

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IL BENE COMUNE è IN VENDITA!

LUNEDì 11 FEBBRAIO SOTTO IL PALAZZO DEL COMUNE
BANCHETTO DEL COLLETTIVO SOTTOTETTO
ESPOSTI I BENI COMUNI IN VENDITA 
 
 
 

I diritti che tradizionalmente
sono stati proprietà comune vengono espropriati attraverso la
privatizzazione. La privatizzazione dell’acqua impone che la si paghi a
chi se ne è appropriato, e ora ne è proprietario o gestore, mentre
tutti dovrebbero avere accesso a questo bene comune. Quando i settori
pubblici, come la scuola o la sanità, si vedono sottratti i
finanziamenti pubblici, sempre più persone devono rivolgersi al settore
privato. E anche in questo caso qualcuno accumula grazie a questa
privatizzazione. La proprietà privata della terra, la cui
privatizzazione ha una lunga storia, da sempre ostacola la risposta
universale ai più elementari bisogni di alloggio e di spazio sociale e
pubblico. Ma blocca anche qualsiasi tentativo di salvaguardare e di
proteggere l’interesse collettivo, in modo efficace e definitivo, dalla
voracità insaziabile dei grandi proprietari e delle imprese
immobiliari. Anche l’inquinamento dell’aria e dell’acqua si configura
come una privatizzazione, perché ci viene sottratta aria ed acqua di
qualità da chi usa e deteriora questo patrimonio comune per il proprio
vantaggio economico; basti pensare alle industrie che inquinano per
risparmiare sui depuratori o per non spendere su innovazioni che
permettano produzioni davvero pulite.

Noi diciamo che sono beni comuni (in forma di risposte
ai bisogni e in forma di qualità del vivere), ma c’è chi li vede e li
tratta come risorse da sfruttare e come merci. E questo ci impone di
affrontare anche le ragioni economiche della loro sottrazione E ci
impone anche di affrontare chi e quali imprese, , sono gli attori, i
promotori di questi investimenti e gli accaparratori di profitti e
rendite. E il ruolo della pubbliche amministrazioni in questo gioco. In
questi anni abbiamo visto nascere e crescere lotte per l’accesso alla
casa e ai servizi pubblici, contro gli sfratti e gli sgomberi, per
spazi sociali e collettivi, contro le innumerevoli speculazioni
immobiliari volte a costruire a spese di tutti per il vantaggio di
pochi, contro gli inceneritori, i rigassificatori, contro
l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, della terra, contro
l’elettrosmog, per la salvaguardia della nostra salute e della qualità
dell’ambiente in cui viviamo e di cui facciamo parte, per la qualità
del servizio e per i diritti dei lavoratori del trasporto pubblico
locale, per la proprietà comune e la gestione pubblica di tutti i
servizi: gas, elettricità, acqua, trasporto pubblico…ma anche
dell’intero territorio..

C’è più che un filo che lega la questione del diritto
alla città e all’accesso alla terra (casa, servizi sociali, spazi
pubblici e di comunicazione, spazi sociali e culturali) e le questioni
degli elementi e dei processi naturali (acqua, suolo, aria, flora e
fauna, ambiente, loro qualità e lotta agli inquinamenti, compresa la
questione dei rifiuti e delle nocività), dei servizi a rete
privatizzati o in via di privatizzazione (acqua, energia, trasporto
pubblico, rifiuti..). C’è la nostra vita a legarli e una domanda che li
vede come premesse minime tutte necessarie e irrinunciabili.

 

 
Ascolta l’intervento di Silvio del collettivo sottotetto

[ audio 01 ]

 
Ascolta l’intervento di Rossana del Coordinamento Muoversi Meglio.

[ audio 02 ]