IL DIRITTO ALLA CASA È IN COCCI…E NOI CI PRE-OCCUPIAMO

 

Oggi trova la soluzione al proprio
problema abitativo la famiglia di Sandra, che un mese fa aveva reso
pubblica alla città la sua situazione di disagio .

La
famiglia di Sandra, composta da lei e i suoi due figli di uno e due
anni, ha scongiurato il pericolo di finire in mezzo ad una strada a
partire da domani- data in cui diventa esecutivo lo sfratto :la
soluzione però non è arrivata da nessun organo
istituzionale , ma dal basso .
A maggio infatti Sandra aveva
deciso di rivolgersi allo sportello dei diritti del Collettivo
Sottotetto; così, dopo la denuncia pubblica della situazione ,
l’amministrazione comunale, nelle persone specifiche di Carla Colzi e
Gina Pedroni, non ha dato nessuna risposta,optando per un
atteggiamento di
totale indifferenza. Sandra e il Collettivo, perciò,
hanno deciso di aprire ed abitare una casa di proprietà
pubblica, lasciata sfitta in attesa di operazioni speculative, come
centinaia di altre nella nostra città.
E’ la sesta
dall’inizio del lavoro di sportello del collettivo, ma questa volta
ci aspettava una brutta sorpresa, ennesima dimostrazione
dell’arroganza con cui l’amministrazione tratta i problemi della
gente comune, tagliata fuori dalle logiche di mercato :

Per
evitare che le persone senza casa possano continuare a riappropriarsi
di ciò che loro hanno abbandonato e svenduto, hanno avuto la
brillante idea di andare a devastare gli interni delle case pubbliche
rimaste vuote, rompendo a martellate gli impianti sanitari .

Oggi,
dopo un anno di inchiesta sul territorio ,le domande che vorremmo
porre ai responsabili della nostra città- nonché di
questo gesto spregevole- sono sempre di più. Ma vista la
comprovata reticenza dell’interlocutore a fornire risposte, ci
limiteremo a questi tre quesiti:

1- Quando l’assessore Carla
Colzi dichiarò ai giornali di tenere vuote le case pubbliche
di Via Compagnoni così da poter far fronte ad eventuali
emergenze, pensava forse che sarebbero bastate le mura esterne ( e
che l’interno si poteva perciò radere al suolo) o stava
piuttosto cercando un paravento per non ammettere la propria
collusione con le operazioni speculative tanto care alla nostra
città?

2- Quando si prenderà pubblicamente atto
dell’emergenza abitativa, già lampante da anni, e si comincerà
a lavorare per farvi fronte?

3- Quando smetterà, questa
Amministrazione, la retorica sulla sicurezza delle cosiddette “donne
sole” per poi ignorare la loro prima necessità concreta,
cioè una casa in cui vivere?

Per evitare malintesi,
questa volta abbiamo deciso di consegnare personalmente i quesiti; e
stavolta li accompagniamo coi cocci dei sanitari rotti a martellate
per ostacolare la riappropriazione sociale delle case di Via
Compagnoni .
E in tal senso ci prendiamo un impegno  :
ogni volta che l’episodio si dovesse ripetere, torneremo a
riconsegnare ai legittimi proprietari il frutto del loro lavoro.

Chi
rompe paga…e i cocci sono suoi.

OTTENUTO RINVIO DELLO SFRATTO PER SANDRA

Lo sfratto della famiglia di
Sandra,previsto per oggi, è stato prorogato di un mese per
dare la possibilità a Sandra di trovare un altro alloggio per
sé e i due figli.
La proroga è il risultato di un
accordo privato fra proprietari e inquilini ottenuto con la mediazione del collettivo sottotetto: le istituzioni, alle
quali avevamo sollecitato una proposta in merito alla situazione di
Sandra – o perlomeno una presa di posizione pubblica che non
consistesse nel solito scaricabarile- non sono intervenute in alcun
modo e, fosse stato per loro, adesso una donna sola sarebbe in mezzo
alla strada con due bambine di pochi anni.

Il caso di Sandra è
esemplare di come le famiglie in difficoltà economica,
malgrado siano sempre di più anche in una città che continua a definirsi ricca
come la nostra, siano ignorate dalle istituzioni,e ormai possano
cercare solo nel buon senso comune e nella solidarietà
reciproca una possibilità di sopravvivenza alle impietose
logiche del mercato immobiliare.
Logiche che l’Amministrazione
reggiana affianca e legittima come se, anziché rappresentante
degli interessi della collettività, lo fosse dei giganti
dell’edilizia privata.

Per questi ultimi infatti si è
rilevata assai  propizia la politica del Comune di vendere i
terreni dove si trovavano case popolari, riducendole di numero . E’
noto infatti che l’edilizia popolare rappresenta -oltre che l’accesso
a un diritto fondamentale- un calmiere per i prezzi del mercato delle
compravendite e degli affitti di immobili.
Venendo a mancare
questo bene comune,i privati possono fare il bello e il cattivo tempo
nello stabilire il prezzo dell’offerta, mentre le liste d’attesa per
una casa popolare si allungano all’infinito, in una spirale che di
fatto cancellerà un diritto primario di cittadinanza: un tetto sulla testa.

Chiediamo alle
Istituzioni locali di compiere un’inversione di rotta nelle politiche
abitative, o se non altro per dignità, di ammettere la loro incapacità nel far
fronte ad una problematica che ha sempre più, di giorno in
giorno, il carattere dell’emergenza: IL DIRITTO ALL’ABITARE.

LA PRIMA SICUREZZA DI CUI LE DONNE HANNO BISOGNO E’ QUELLA DI UNA CASA

 

EMERGENZA ABITATIVA: SANDRA DENUNCIA LA SUA SITUAZIONE 

CONFERENZA STAMPA DEL COLLETTIVO SOTTOTETTO-SPORTELLO DEI DIRITTI PRESSO GLI ASSESSORATI ALLA CASA ED ALLE POLITICHE SOCIALI

 

Oggi
una ventina di attivisti del Collettivo Sottotetto, si sono presentati
sotto alla sede degli assessorati del Comune di Reggio Emilia per
denunciare la situazione di Sandra e di tante donne che si sono rivolte allo sportello.
Proprio le donne, soprattutto se madri senza un compagno, sono le prime a subire le conseguenze della precarizzazione selvaggia della vita , conseguenze fra cui la più drammatica è la mancanza di una casa.

Multimedia:
-  ascolta l’intervista a Sandra [ audio 01 ]
-  ascolta l’intervista a Chicca, Coll. Sottotetto [ audio 02 ]


Il Collettivo Sottotetto rende noto un altro degli
ormai numerosissimi casi di disagio sul territorio di Reggio Emilia.
Sandra ha 28 anni, è separata con due figli di 2 e 1 anno ed è
disoccupata. Il 25 giugno sarà sfrattata dall’appartamento di cui da
più di un anno non riesce a pagare l’affitto di 630 euro.
Non può
aspirare a un alloggio popolare a causa delle numerosissime domande e
dei pochi alloggi a disposizione, e dai servizi non sta ricevendo alcun
aiuto, a parte dei buoni spendibili presso la Croce Rossa.
La
storia di Sandra è esemplare di una situazione che a Reggio vivono
migliaia di famiglie : in particolare sono le donne sole ad esserne
vittime.

Per questo siamo qui oggi dall’Assessore ai diritti di cittadinanza e alle pari opportunita Gina Pedroni.
L’Assessore poche settimane fa’ ha partecipato a una cena dell’elìte
reggiana ,in cui si riduceva il problema “sicurezza delle donne” alla
pericolosità di circolare per le strade.Di fatto l’amministrazione fa
della sicurezza delle donne una bandiera e una vetrina politica,
dimenticando di garantire a centinaia di loro la forma di sicurezza più
elementare : un tetto sulla testa.

Un esempio è la politica sulle
case popolari, che oggi sono una specie in via d’estinzione. Le
amministrazioni le demoliscono e non ne costruiscono più dicendo che
costano troppo. Le liste d’attesa, anziché anticamera di un diritto,
sono per molti un calvario di anni in cui non si fa altro che mettere
pezze a un’emergenza dopo l’altra.
Tutte le famiglie che non
possono più permettersi di pagare un affitto non possono finire in
mezzo a una strada. Non sono vittime di una calamità , ma della
privazione di un diritto.
Per questo come Collettivo, insieme a
tutte le persone che in questi mesi si sono avvicinate a noi grazie al
lavoro del nostro Sportello sul Diritto alla casa, chiediamo che le
Istituzioni compiano una inversione di marcia rispetto alle politiche
abitative attuate fino ad oggi, oppure prendano atto della propria
incapacità di far fronte a questa situazione esplosiva.
D’altronde
è sempre una questione di priorità: noi, per esempio, ci “emozioniamo”
molto quando, tornando in città, ci troviamo davanti l’Arco di
Calatrava…ma sarebbe piu’ bello che tutti, una volta oltrepassato il
Casello di Reggio Emilia, avessero una casa in cui tornare.

 

LA CASA È UN DIRITTO, LA DIGNITÀ NON SI NEGOZIA


IL COLLETTIVO SOTTOTETTO DENUNCIA LA SITUAZIONE DI SABAH E DELLA SUA FAMIGLIA

 
 
Oggi, sabato 5 maggio, il collettivo sottotetto denuncia pubblicamente la situazione abitativa di Sabah e della sua famiglia, conosciuta attraverso il lavoro di sportello del collettivo.

Sabah è una signora originaria del marocco,separata dal marito. Da anni vive a Reggio Emilia, ha 3 figli di cui il più grande di 5 anni, un fratello invalido al 75 % e la madre di 60 anni. La famiglia vive in una casa privata nel comune di Cavriago, dove pagava un affitto di 520 euro, finchè, dopo aver perso il posto di lavoro e non ricevendo nessun alimento dal marito, Sabah da un anno a questa parte non riesce piu’ a pagare l’affitto, la luce e il gas.
Da anni la famiglia è iscritta alle liste per l’assegnazione di una casa popolare sia a Cavriago che a Reggio Emilia, comune in cui ora Sabah ha trovato lavoro.
Nonostante la situazione drammatica , nella graduatoria a Cavriago è solo al 13° posto, quando le case che vengono assegnate dal comune sono circa 6 all’anno.
Quest’anno Sabah si è rivolta agli assistenti sociali chiedendo la possibilita’ di accedere ad una casa popolare.

In risposta gli è stato promesso il pagamento- per ora mai effettuato- di qualche bolletta del 2006,e l’affido pomeridiano dei suoi figli, che prevede il versamento di 500 euro mensili (pubblici) alle famiglie disposte ad accudirli, oltre alla stipulazione di una polizza assicurativa. E’ assurdo che una cifra del genere, anziché versata a una famiglia estranea ai bambini, non venga usata per pagare a Sabah un affitto o le utenze per tutta la famiglia.

“Chiediamo una presa di responsabilità di questa amministrazione”- spiega Federica del Collettivo -“quando Sabah, non trovando soluzioni alternative e degne per la propria famiglia, ha provato a incontrare il sindaco per spiegare la questione, ha ricevuto come risposta un semplice "non sono obbligato di occuparmi della sua situazione"”. “Pensiamo sia una risposta vergognosa” – continua – “quella data da un sindaco e da una giunta comunale il cui compito, fino a prova contraria, dovrebbe essere quello di lavorare nell’interesse dei cittadini. Chiediamo che si impegni a trovare una soluzione dignitosa e sostenibile per la famiglia di Sabah entro il 17 di maggio, giorno in cui sarà esecutivo lo sfratto dalla casa privata in cui ora vivono. Chiediamo anche che il problema abitativo, che è ormai evidente tanto nel capoluogo quanto nei comuni della provincia, venga messo all’ordine del giorno di tutte le amministrazioni come un’emergenza che non riguarda una minoranza, ma tutte le famiglie costrette a pagare un affitto ai prezzi di mercato”.

Multimedia:
-  ascolta l’intervista a Sabah [ audio ]
-  ascolta l’intervista a Federica del Collettivo Sottotetto [ audio ]
-  Galleria fotografica

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CON LE VOSTRE REGOLE SIAMO TUTTI IRREGOLARI

1 MAGGIO 2007



PARTECIPIAMO AL CORTEO DEI  LAVORATORI IRREGOLARI

E PRECARI IRREQUIETI




CON LE VOSTRE REGOLE SIAMO TUTTI IRREGOLARI


 

...Perchè ci rendiamo perfettamente conto di subire le conseguenze dello stesso sistema inaccettabile che, da una parte favorisce la speculazione privata arricchendo proprietari e costruttori di case dai prezzi inaccessibili e, dall’altra, incentiva tramite la legge Bossi-Fini l’utilizzo sistematico di manodopera in nero, non garantita, composta da “non cittadini” ridotti in schiavitù in virtù della loro condizione “clandestina”.


Viviamo in una città che cresce a vista d’occhio a suon di metri cubi di cemento, dove ci sono molte più case che abitanti, ma dove per gli abitanti diventa sempre più difficile, se non impossibile, potersi permettere una casa.


Viviamo in una città che sta basando la sua economia sull’edilizia, dove per edilizia si intende unicamente quella privata tanto che addirittura si costruiscono edifici privati sulle macerie di quelli pubblici abbattuti, come nel quartiere compagnoni, e dove chi lavora nei cantieri producendo la ricchezza dei padroni della città è costretto a vivere in casolari ed abitazioni di fortuna, abitazioni clandestine che vengono puntualmente sgomberate con “brillanti” operazioni poliziesche: “Ti picchiano, ti buttano la roba fuori, in un casolare la polizia ha pisciato sui materassi”, racconta Alí, migrante di origine marocchina, degli sgomberi… a tutela del baluardo della sicurezza.


Ma quale sicurezza viene tutelata? La sicurezza degli sfruttatori di manodopera schiava di poter continuare indisturbati e impuniti, la sicurezza degli speculatori di potersi arricchire prima sulla pelle dei lavoratori irregolari e poi sulla pelle delle famiglie cui impongono affitti da strozzini, forti anche del vuoto lasciato dalla pubblica amministrazione e della sua complicità.


Un’amministrazione che, mentre permette e si fa complice di una cementificazione selvaggia, applica la tolleranza zero nei confronti dei clandestini, creando un clima da caccia all’uomo che alimenta un terreno già molto fertile per lo sfruttamento di chi è costretto a rimanere invisibile:

perchè lo sappiamo tutti, classe dirigente compresa, che è proprio nel buio dell’invisibilità che si consumano i peggiori abusi .


La stessa amministrazione che tenta di rifarsi il trucco con inutili progetti vetrina, con un’ integrazione posticcia fatta di cous cous in piazza e multiculturalità ostentata quanto fasulla, per poi inventarsi un assessorato in cui vengono accorpate immigrazione e sicurezza ignorando strumentalmente il fatto che L’UNICA SICUREZZA DI CUI ABBIAMO BISOGNO È QUELLA DI UNA VITA DEGNA.


Sanatoria subito!

Libertà di movimento per tutt@!

Stop agli sgomberi e agli sfratti!

Più case popolari per tutt*

RACCOLTA FIRME DEL COMITATO IN DIFESA DELLA CASA PUBBLICA


Appoggiamo e diffondiamo il testo sul quale il COMITATO IN DIFESA DELLA CASA PUBBLICA  comincerà, da martedì 17 aprile (all’iniziativa promossa dai  "partigiani urbani", ore 21.00 al cinema Cristallo) , a raccogliere firme.


Le giunte comunali in questi ultimi 12 anni a Reggio Emilia hanno avuto il "merito" di creare e poi progressivamente aggravare la questione abitativa.

A fronte di un incremento della popolazione dal 1994 al 2004 di circa 20.700 unità e della continua diminuzione degli stipendi e del tenore di vita di gran parte delle persone, hanno promosso politiche mirate solo al profitto ignorando i problemi della cittadinanza a minor reddito e più indifesa.

Oggi ci ritroviamo in una città che ha subito una espansione urbanistica privata senza pari in Emilia Romagna e fra le più aggressive a livello nazionale, con tante case sfitte e invendute e quelle disponibili sulla piazza alla portata di pochi, grazie ad affitti insostenibili imposti dalle agenzie immobiliari e da un "libero mercato" senza freni né controlli.

Reggio Emilia vanta inoltre il triste primato in regione per numero di sfratti, oltre 50 a settimana, e si nota una progressiva diminuzione di alloggi popolari causata dalla "riqualificazione" di storici quartieri popolari come il Villaggio Stranieri, il Foscato e Compagnoni, nonché dalla vendita di case popolari a privati tramite aste pubbliche a cui naturalmente possono partecipare i soliti, pochi privilegiati.

Si chiede quindi al Sindaco e all’amministrazione del Comune di Reggio Emilia:
– la sospensione immediata della vendita di un bene comune primario come le case popolari;
– di gestire direttamente e senza porre limiti temporali gli appartamenti cosiddetti "ad affitto calmierato";
– di incentivare i privati, anche tramite sgravi fiscali, a diminuire gli affitti;
– di promuovere nello stesso tempo serie azioni di controllo sugli affitti in nero e sulla scandalosa abitudine, da parte dei proprietari, di far firmare preventivamente agli affittuari lettere di disdetta in bianco, cosa ben nota anche al mercato delle agenzie immobiliari.

CIÒ CHE CI SIAMO PRESI NON È NEANCHE UNA MINIMA PARTE DI CIÒ CHE CI SPETTA

giovedì, 22 marzo 2007


QUARTA AUTOASSEGNAZIONE DEL COLLETTIVO SOTTOTETTO


Oggi è stata restituita alla collettività un’altra delle troppe case (105 solo nel quartiere Compagnoni) che ACER e amministrazione comunale di Reggio Emilia da anni tengono vuote in attesa di speculazione.

La casa verrà abitata da una famiglia, quella della signora Franca, che già il 21 febbraio aveva reso pubblica la propria situazione abitativa con una conferenza stampa.

La signora Franca, la figlia e la nipote minorenne e studente, con un solo stipendio e una pensione minima, non sono più in grado di sostenere una spesa mensile di 600 Euro per il solo canone di locazione.

La denuncia di questa famiglia, sostenuta dallo sportello per i diritti alla casa, del Collettivo sottotetto, non ha ottenuto alcuna risposta dagli organi competenti (assistenti sociali, Comune,…) ma solo il consiglio di iscriversi alle “liste” per l’accesso al canone agevolato.


Ma cosa sono in realtà queste liste?


Il Comune di Reggio Emilia (delibera n.264 del 11/10/2006) “a fonte della indisponibilità di aree e/o immobili di proprietà pubblica” prevede una collaborazione con soggetti privati ai quali permette di “realizzare un indice aggiuntivo [di costruzione, ndr.] pari allo 0.05 mq/mq da destinarsi all’affito convenzionato con il Comune”. La convenzione consiste nell’impegno da parte dei privati di affitare lo 0.05 a canoni ridotti (i primi disponibili vanno dai 200 al 630 euro) per quindici anni (trascorsi i quali gli immobili torneranno pienamente privati) con contratti di libero mercato cui sarà possibile accedere tramite l’iscrizione in “liste” dalle quali il privato potrà scegliere l’inquilino più adatto. Questa è l’edilizia popolare del futuro?

Non graduatorie quindi, ma liste, non un Comune che si fa garante e responsabile di un diritto, ma un’amministrazione che diventa agenzia immobiliare, non patrimonio pubblico che al contrario viene venduto e/o abbattuto, ma edilizia privata, cementificazione, speculazione.

L’amministrazione e gli assistenti sociali che lavorano a contatto con i cittadini, anziché dare alle persone gli strumenti per riconquistare la propria autonomia e dignità, adottano solo interventi marginali che non risolvono l’esigenza abitativa.


Nonostante la disponibilità enorme di case sul territorio la città di Reggio Emilia è quinta in Italia per le richieste di esecuzione di sfratto, con una richiesta ogni 135 famiglie (inchiesta del Sunia, febbraio 2006). Gli alloggi di edilizia residenziale pubblica sono appena 3972 in tutta la provincia, parte dei quali verrà venduto in una qualche asta mentre in graduatoria 1500 famiglie (senza contare chi ha rinunciato ad iscriversi) aspettano da anni l´assegnazione di un alloggio popolare. Guardandosi intorno si potrà facilmente notare che non tutti, in questa città

a prima vista ricca con un bel ponte firmato “Calatrava” o mega complessi “Giglio e multisala”, hanno la fortuna di avere un tetto sulla testa.


In questa città, sopra-vissuta sempre più da precari, non solo nel lavoro ma anche nella vita come pensionati, universitari, migranti e lavoratori delle coop sociali, vogliamo essere protagonisti sociali e non spettatori. Per questo chiediamo al Comune di Reggio Emilia di dare un segnale concreto e non di vetrina bloccando gli sfratti, gli abbattimenti e le aste alle case popolari spesso lasciate all’abbandono.

Non vogliamo vedere nei prossimi anni la crescita di nuove barraccopoli e sosteniamo il diritto alla casa come un diritto fondamentale, che dà alle persone la possibilità di una vita degna.



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DENUNCIA PUBBLICA SULLA SITUAZIONE ABITATIVA


Il Collettivo Sottotetto denuncia la situazione di Franca e la sua famiglia

Mercoledi 21/02/07 il collettivo sottotetto tramite lo sportello per il diritto alla casa, denuncia pubblicamente la situazione abitativa di Franca e la sua famiglia. Franca è una signora di 60 anni che vive con la figlia e la nipote in un appartamento privato di 70 mq per il quale paga 600 € d’affitto; lei percepisce una pensione minima di 420 €, la figlia ha un contratto a tempo determinato all’interno di una cooperativa sociale e la nipote frequenta le scuole medie superiori. Da anni sono iscritti alle liste per l’assegnazione di una casa popolare, ma le istituzioni locali e gli assistenti sociali non hanno dato risposta a questo bisogno, nonostante l’insostenibile condizione economica del nucleo famigliare, che non permette loro di affrontare le spese sanitarie e per l’istruzione della nipote. L’unica risposta concreta ricevuta dall’assistente sociale consiste nell’anticipo di due mensilità per un affitto privato con l’affermazione della mancanza di case popolari disponibili e con la proposta di dividere il nucleo famigliare (eliminando così la pensione di Franca) per incrementare il proprio punteggio nelle liste per l’assegnazione. Lo sportello per il diritto alla casa da novembre ad oggi è stato attraversato da una trentina di singoli e famiglie di eterogenea composizione, dai migranti a famiglie reggiane che, come Franca, hanno riscontrato gravi problemi abitativi a Reggio Emilia. “Reggio Emilia è una delle prime città in Italia per numero di sfratti per morosità”, ci racconta Serena del Collettivo Sottotetto, “e le politiche, in questo campo, non si possono più definire abitative, bensì dell’abitazione, in quanto maggiormente attente alle esigenze dei costruttori e dei proprietari piuttosto che ai bisogni e diritti di chi ci abita, o peggio di chi una casa non ce l’ha”.

-  ascolta l’intervista a Franca, realizzata allo Sportello per il diritto alla casa [ audio ]

-  ascolta l’intervista a Serena, Collettivo Sottotetto [ audio ]

Lo sportello per il diritto alla casa si trova in via Compagnoni 37, per prenotare un appuntamento è possibile rivolgersi al n° 3478400532 oppure al n° 3407777991.


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